L’Ansaldo ha legato il suo nome alla storia della navalmeccanica, della cantieristica, della siderurgia e dell’elettromeccanica italiana in oltre centocinquant’anni di trasformazioni societarie, di scorpori, di fusioni, concentrazioni industriali e finanziarie tra le più varie.
Durante una prima fase che va dalla fondazione, nel 1853, agli anni novanta, la società in accomandita semplice “Gio. Ansaldo & C.” - frutto della collaborazione di esponenti di punta del mondo economico genovese quali Giovanni Ansaldo, Raffaele Rubattino, Giacomo Filippo Penco, Carlo Bombrini, e orientata alla costruzione e alla riparazione di materiale ferroviario - si trasforma in una organizzazione industriale che impiega circa 10.000 dipendenti, distribuiti in sette stabilimenti la cui attività si rivolge al settore ferroviario, cantieristico e ad altre produzioni meccaniche.
Al nome di Ferdinando Maria Perrone e dei suoi figli Pio e Mario è legata la seconda fase, che corrisponde all’incirca al primo ventennio del ventesimo secolo. Perseguendo l’obiettivo di completa autonomia produttiva sia in campo siderurgico che in quello degli armamenti, attraverso un intenso processo di integrazione verticale e grazie alla congiuntura bellica, l’Ansaldo dei Perrone arriva ad impiegare nel 1918 ben 80.000 addetti, distribuiti in diverse decine di stabilimenti e società controllate, e a disporre di un capitale sociale cresciuto nel giro di quattro anni (dal 1914 al 1918) da 30 a 500 milioni.
Negli anni seguenti, tuttavia, la crisi finanziaria, conseguente agli irrisolti problemi di riconversione postbellica, mette a nudo la strutturale debolezza di un complesso industriale che aveva legato le sue sorti, in maniera troppo univoca, alla congiuntura bellica.
Segue l’intervento di un consorzio di salvataggio promosso dalla Banca d’Italia che comporta l’allontanamento dei Perrone (1921) e un drastico ridimensionamento delle strategie e delle strutture dell’impresa.
Nel corso degli anni ’20, pure contrassegnati da una notevole crescita delle produzioni elettromeccaniche, maturano le premesse per ulteriori difficoltà, che richiederanno il passaggio di questa impresa sotto il controllo dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale.
L’I.R.I., appunto, e il riarmo restituiranno all’Ansaldo un respiro ed un impulso all’altezza delle grandi trasformazioni allora in atto a livello internazionale nel mondo industriale; figura di punta di un profondo redesign strutturale organizzativo è l’ingegnere Agostino Rocca, amministratore delegato della società dal 1935 sino alla fine della guerra.
La notevole crescita tecnico-produttiva e occupazionale legata alle commesse belliche (i 22.000 dipendenti del 1939 salgono a 35.000 nel 1943) riproporrà tuttavia, alla fine del conflitto, nuovi e gravi problemi di riconversione la cui gestione verrà affidata dall’I.R.I. alla società finanziaria Finmeccanica, costituita nel 1948.
Altre risistemazioni di struttura si dovranno ancora registrare nel corso degli anni Cinquanta e sessanta tanto che nel 1966, con il trasferimento delle attività navali all’Italcantieri di Trieste, il nome Ansaldo cesserà, dopo un secolo, di essere collegato alle attività cantieristiche. A partire dal 1966, attraverso un complesso processo di riassetto dell’impresa, si perverrà, nel 1980, alla costituzione dell’Ansaldo spA, il più importante complesso produttivo italiano nel campo dell’Energia, dei Trasporti e dell’Automazione con oltre 20.000 addetti ed il controllo o la partecipazione di numerose aziende nazionali ed estere.
FONDO ANSALDO
n. 292 film e n. 208 videocassette originali (1910-1996)
Costituito con più versamenti a partire dagli anni Ottanta illustra l’attività industriale in Italia e all’estero dell’Ansaldo e società collegate.