#Storiedaraccontare
Storie virtuose di Welfare del nostro territorio
Andrea Pesce, neolaureato in giurisprudenza (UNIGE).
Dalla Fototeca di Fondazione Ansaldo: SIAC, Colonie estive, 1950-1960
Genova e tutto il suo ponente sono passati alla storia, nel secolo scorso, come un grande polo di tradizione industriale capace di dare lavoro a molte persone e generare un profondo cambiamento nella vita economica di tutta la città. Malgrado dalla fine del novecento ai giorni nostri questa caratteristica sia gradualmente venuta meno, restano esempi virtuosi di cui tenere conto.
I giorni di crisi che stiamo vivendo e la grande incertezza sullo stato di salute della nostra economia non devono farci perdere l'energia per agire. In tempi infelici occorre prendere d'esempio comportamenti virtuosi del passato, aggiornandoli ai valori e ai diritti del presente.
Il primo esempio è la Manifattura Tabacchi di Sestri Ponente: un polo industriale singolare, che agli inizi del novecento vantava già una presenza femminile tra il proprio organico molto cospicua. La ragione di questo alto uso di manodopera femminile stava nel fatto che le “sigaraie” possedevano una grande manualità e perizia in tutto il processo di produzione.
Le condizioni di lavoro di fine ottocento erano veramente insalubri, pericolose e costellate di sacrifici soprattutto per le donne. È stato dopo gli scioperi degli inizi del secolo scorso che iniziò un periodo di riforma interno volto ad introdurre un vero e proprio sistema di Welfare aziendale. La manifattura infatti è stata tra le prime fabbriche ad adottare nel 1911 un sistema di nursery aziendale interno completamente gestito e finanziato, che permetteva alle lavoratrici di poter lavorare anche nel periodo della maternità. La particolarità di avere adiacente alla nursery la mensa aziendale dava la possibilità, nelle pause, di poter accudire e allattare i figli senza particolari problemi.
Dal libro: “Ragazze di fabbrica: immagini, memorie, documenti”
Questo episodio storico, in un'epoca precedente all'introduzione dello Statuto dei Lavoratori (legge numero 300 del 1970), di collaborazione tra la direzione e le lavoratrici ha garantito alla Manifattura di essere considerata un posto privilegiato dove lavorare.
Le fonti e le testimonianze raccolte nel libro: “Ragazze di fabbrica: immagini, memorie, documenti”, 2010, a cura del Comune di Genova e del Municipio VI Medio Ponente, ci narrano di una realtà aziendale tutt'altro che grigia e insensibile ai bisogni delle lavoratrici, un luogo dove il duro lavoro a cottimo si alternava a momenti di socialità attiva tra tutte le “sigaraie”. Un elemento di primaria importanza era l'incontro generazionale come grandissima risorsa: si esplicava attraverso un periodo di apprendistato, tenuto dalle più anziane (chiamate maestre), che si occupavano di insegnare il mestiere alle più giovani.
Ultimo elemento da prendere in analisi fu la costituzione di una mutua cassa che forniva gratuitamente i servizi sanitari: l'infermeria, il presidio medico aziendale e i congedi per malattia e infortunio.
Il secondo esempio è da ricercare nell'organizzazione delle più grandi fabbriche genovesi, più nel particolare occorre concentrarci sul complesso Ansaldo e SIAC. Già a partire dagli anni '30 si poteva osservare come le aziende organizzassero attività a vantaggio dei dipendenti quali: le colonie vacanze per i figli degli operai, un inizio di sistema di alloggi popolari per i lavoratori, benefit di produzione e elargizione di carbone a prezzi vantaggiosi. Uno degli interventi più importanti fu il rinnovamento ed implementazione della scuola di formazione Ansaldo-SIAC, un articolato sistema di apprendistato per i giovani che costituiva un'efficiente metodo di ricerca personale e crescita dei comparti delle stesse.
Con l'inizio della seconda guerra mondiale e la progressiva conversione delle industrie in economia bellica, le due aziende pur sostenendo enormi costi di gestione, continuarono anche a sostenere i lavoratori in situazioni di difficoltà attraverso interventi mutualistici.
Con la fine del conflitto iniziò un periodo florido di innovazione e Welfare state aziendale. Dal 1946 infatti si introdussero innovazioni a beneficio della massa dei lavoratori, non solo organizzati su proposta aziendale, ma anche su iniziativa dei lavoratori stessi. Una mutua collaborazione che presupponeva la sottoscrizione di una quota a carico dei dipendenti a cui seguiva una partecipazione finanziaria aziendale. Un esempio tra i tanti è la CIS (Cooperativa interna SIAC cioè Società Italiana Acciaierie di Cornigliano), una società esterna all'azienda SIAC, costituita da dipendenti e a cui era affidata inizialmente l'attività della mensa e degli spacci alimentari, e in un secondo momento del pacco natalizio e pasquale ad un prezzo popolare.
Dalla Fototeca di Fondazione Ansaldo: Siac, Festa di natale,1950-1960
Di pari passo venne reintrodotto, aggiornato e implementato il Dopolavoro con il nome di ENAL Ansaldo-SIAC che rese possibile tutta una serie di attività culturali, sportive, formative per tutti i dipendenti e loro famiglie. Prendendo in analisi le singole voci dell'offerta ricreativa ci accorgiamo di come fosse sviluppata e ricca di proposte. Il comparto culturale vantava: un istituto nautico, l'istituzione di corsi per geometri e ragionieri, una scuola professionale femminile, ma anche una biblioteca di più di 8000 libri, dei corsi di musica e lettura, un aiuto al pagamento dei libri scolastici ed attività a sostegno dell'alfabetizzazione. Non da meno erano le attività sportive che proponevano le seguenti attività: pesca, nuoto, canottaggio, scacchi, pallacanestro, calcio, pallavolo, bocciofila ed escursionismo.
Nel 1947 la SIAC riprese anche l'attività delle colonie estive per i figli dei dipendenti, aggiornando e cambiando i programmi precedenti del regime. Questa reintroduzione venne associata a dei sostegni economici verso i nuclei più deboli volti ad implementare la coesione tra tutti i dipendenti. Perfino dinnanzi al periodo dei licenziamenti forzosi, dovuti alla ristrutturazione aziendale, gli stessi lavoratori, per mezzo della CIS, si attivarono per riassumere gli esuberi quali operatori della cooperativa dedita all'edilizia popolare.
Ritengo che queste esperienze del nostro recente passato siano un'occasione di riflessione per tutte le generazioni. Noi oggi non dobbiamo essere da meno di quelle persone che in passato hanno offerto il loro ingegno e la loro forza per ricostruire un paese dilaniato dall'odio dei conflitti. Il nostro punto di partenza deve essere la collaborazione tra lavoratori ed imprese, salvaguardando il Welfare state. Uno stato forte si misura dalla coesione di tutti i propri comparti e questa non si esercita solo con il controllo ma anche con il compromesso tra esigenze ed interessi diversi. Il costruire e sostenere il lavoro come vero motore delle economie richiede senso di appartenenza all'attività sia dell'imprenditore che del lavoratore.
Servirà molto coraggio nelle istituzioni per ricreare quello stesso entusiasmo che portò stabilità e voglia di costruire nei nostri predecessori, la ricetta precisa di ogni nostro comune benessere.
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