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Promemoria Soc. Cooperativa (tra gli enti incaricati del Progetto Fotografia e Industria) -
Chi sono quegli uomini a bordo che sventolano il cappello in segno di gioia e saluto? Ebbene: non hanno nome e nemmeno cognome. Non hanno nome e cognome neppure le decine di uomini, donne e bambini che assistono al varo da terra. La nave sì, quella ha un nome: è la Ausonia, che qui vediamo prendere il mare il 29 ottobre 1927.
Le immagini sono tratte dall’immenso e prezioso patrimonio della Fototeca della Fondazione Ansaldo di Genova e sono state digitalizzate e schedate nell’ambito del Progetto Fotografia e Industria, sostenuto in collaborazione con la Compagnia di San Paolo di Torino.
Queste foto ci offrono un’occasione unica: quella di vedere davanti a noi la concreta e mastodontica rappresentazione di un “impossibile”. È impossibile che un insieme così vertiginoso di lastre d’acciaio come l’Ausonia, con i suoi motori e le tubazioni… è impossibile che un oggetto immenso e dal peso così smisurato possa stare a galla. Ed è impossibile che, oltre a stare a galla, riesca a navigare: a congiungere due città lontane sulla terra, con una superficie così vasta di oceano a dividerle.
Eppure l’impossibile da cui si parte, che a volte deprime e altre volte sprona l’immaginazione, quello stesso impossibile può animare e motivare le nostre intenzioni, tanto che riusciamo persino a realizzarlo. Come? Sono sempre le persone a fare la differenza.
Tra il progetto e la sua realizzazione, infatti, ci sono le centinaia di uomini e di donne che lavorano proprio per rendere possibile l’impossibile.
Una nave come la Ausonia è molto simile a quello che era una grande cattedrale durante il medioevo: entrambe, nave e cattedrale, non hanno un “autore”, non ci sono un nome e un cognome a rivendicarne la creazione. Nessuna firma. Sono prodotti di un lavoro collettivo, ingegneristico e artigianale al tempo stesso, eseguito da una folla anonima con moltissime specializzazioni e competenze, con compiti ed obiettivi specifici.
Dalle idee, rappresentate tramite segni e disegni tracciati su carta da lucido, con righelli, squadre e compassi, sintetizzate in formule e calcoli di ingegneria su statica, galleggiamento, resistenza dei materiali, ecco che si arriva ai gesti e alla fatica. Una costruzione solo immaginata e sognata arriviamo a vederla, come nel giorno del varo, scivolare di poppa verso il mare, cominciando così il suo viaggio. Sia una cattedrale che una nave sono le creazioni di un’epoca: frutto delle conoscenze scientifiche, tecnologiche e artistiche di una fase della vita dell’uomo sulla terra.
In giorni difficili come questi, nelle difficoltà e nel dolore, ecco che anche noi siamo di fronte a un “impossibile”. Di fronte all’“impossibile” che stiamo vivendo l’esempio di quelle folle anonime che col loro lavoro hanno partecipato alla realizzazione di un obiettivo comune, ecco, ci può essere di aiuto.
Pensare il futuro come una nave da portare al varo: gesto dopo gesto, compito dopo compito, un lavoro di fatica e di pazienza, un lungo cammino. Da fare tutti insieme.
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