#Storiedaraccontare
L’influenza spagnola e le Crocerossine
Michela Ciarapica, ufficio comunicazione Fondazione Ansaldo.
È soltanto passato un secolo da quando si è verificata la crisi pandemica più grave di tutti i tempi: l’influenza spagnola. Il primo caso venne registrato il 4 marzo 1918 in una base militare americana. Il nome di questa malattia è legato al fatto che l’unico paese che ne parlò da subito liberamente fu la Spagna, mentre le altre nazioni, ancora coinvolte nella prima guerra mondiale, misero a tacere le notizie riguardo la diffusione del virus. In circa due anni l’influenza spagnola infettò quasi 500 milioni di persone in tutto il mondo e causò tra i 50 e i 100 milioni di morti (più vittime della peste nera del XIV secolo) risultando così la peggiore influenza della storia.
Al contrario della maggior parte delle epidemie influenzali questo nuovo virus colpiva principalmente i giovani e gli adulti sani, probabilmente perché la sua natura aggressiva portava a un’eccessiva reazione del sistema immunitario, più forte e ricettivo negli adulti, più debole e meno reattivo in bambini ed anziani.
In America tra il 1918 e il 1919 si iniziò a proporre un modello di isolamento sociale che comprese la chiusura delle scuole, il divieto di riunioni pubbliche e lo scaglionamento degli orari di lavoro. Tali misure furono prese anche in Italia a seguito della proposta di un medico militare quando si manifestarono i primi casi a Vicenza.
A lottare in prima linea contro la malattia, nel nostro Paese, non vi furono solamente i medici, ma anche le crocerossine. Queste donne coraggiose appartenevano al Corpo delle Infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana che venne istituito formalmente nel 1908 a Roma per volere della regina d’Italia Elena del Montenegro, ma che ufficiosamente operava già dalla fine dell’Ottocento. La prima occasione in cui prestarono soccorso fu il terremoto di Messina avvenuto proprio nel 1908 e il loro Corpo passò alla storia per l’enorme contributo che diede durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.
Queste valorose infermiere passarono instancabili dal prestare servizio presso i campi di battaglia, dove il nemico era ben conosciuto, agli ospedali dove l’avversario era invisibile. Finita una guerra dunque ne affrontarono un’altra, che portò alla morte molte di loro, ma nonostante ciò non si fermarono e continuarono a prestare servizio per senso del dovere e spirito civico.
Tra di loro vanno ricordate Margherita Kaiser Parodi, passata alla storia come la Crocerossina di Redipuglia, e Rhoda de Bellegarde de Saint Lary, entrambe decorate con la Medaglia al Valor Militare per il coraggio e i servigi resi all’Italia e morte a causa dell’Influenza Spagnola.
Anche oggi stiamo affrontando una grave crisi pandemica che da subito ci ha portati a rivoluzionare il nostro modo di vivere, di interagire con gli altri, di studiare e di lavorare. Questo perché abbiamo imparato a combattere le epidemie anche attraverso la quarantena, ma senza il supporto dei medici, degli infermieri e dei ricercatori i nostri morti sarebbero un numero ben superiore alla già triste cifra raggiunta.
Crocerossine non vuol dire essere solo volontarie, ma come per l’attuale professione infermieristica (che ha una fortissima presenza femminile) si tratta di personale altamente qualificato e abilitato in seguito a uno specifico percorso di studi.
Lo spirito volenteroso di queste donne è sopravvissuto nel tempo: a Fine Marzo sono stati chiamati a combattere la nuova guerra contro il Covid – 19 infermieri volontari attraverso un apposito bando. In sole 48 ore sono state inviate 9.400 candidature. Questa risposta mostra come ancora oggi il senso del dovere e la volontà di aiutare il prossimo siano ancora vivi nel nostro Paese.
Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte per rispettare e supportare il lavoro di chi opera in prima linea contro il virus: tutti insieme #celafaremo.
Fotografie provenienti dalla Fototeca di Fondazione Ansaldo
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