01CdM Civiltà delle Macchine

Prosegue con un secondo capitolo dedicato alla storica rivista «Civiltà delle Macchine» il progetto di Fondazione Ansaldo, Mostre in Fabbrica, inaugurato lo scorso luglio con l’allestimento di una prima esposizione sul lavoro nella sua declinazione al femminile (#Women).

Mostre in Fabbrica è un progetto che mira a portare la cultura d’impresa, attraverso una serie di mostre itineranti, all’interno dei luoghi di lavoro, in particolar modo presso le sedi delle aziende sostenitrici della Fondazione, permettendone la fruizione anche in questi tempi di limitazioni e chiusure al pubblico.

Il lavoro genera cultura, la cultura genera lavoro. È questo assioma che Fondazione Ansaldo porta avanti da quarant’anni e che vuole evidenziare attraverso Mostre in Fabbrica. Restituire questo patrimonio di conoscenze ai luoghi in cui esso è nato significa creare un legame diretto tra l’eredità lasciata dall’industria e dall’imprenditoria di ieri con il mondo del lavoro di oggi, creatore della cultura d’impresa di domani.

Inizialmente esposte nella sede di Leonardo di Sestri Ponente, le immagini di #Women sono oggi visibili all’interno dei siti produttivi di Ansaldo Energia, e saranno poi trasferite nel corso dell’anno presso le aziende che ne hanno già fatto domanda. In considerazione delle restrizioni legate al Covid, l’esposizione è aperta ai soli dipendenti e ai visitatori degli stabilimenti. Per il pubblico è stata però creata un percorso virtuale con una sezione dedicata sul sito www.ansaldoenergia.com  

Con #CdM, Fondazione Ansaldo propone una selezione delle più belle immagini tratte da «Civiltà delle Macchine», periodico bimestrale pubblicato dal 1953 al 1979 da Finmeccanica che, primo tra tutti e più di ogni altro, è riuscito a coniugare cultura umanistica e tecnologia, ispirando e portando avanti un modello di comunicazione dell’impresa che sarà ripreso poi da numerose aziende del Gruppo Finmeccanica e non.

#CdM non è solo un’esposizione, ma rappresenta al contrario il risultato di una più ampia opera di valorizzazione dei materiali conservati da Fondazione che ha portato allo spoglio di tutti gli articoli e alla digitalizzazione delle parti più significative, ora a disposizione della propria utenza.

Fondata da Leonardo Sinisgalli, e da lui diretta fino al 1957, le pagine di «Civiltà delle Macchine» sono il frutto dell’ecclettismo di Sinisgalli.  Lui stesso interprete vivente dell’armonico connubio tra cultura umanistica e scienza.

Nell’idea del suo ideatore, «Civiltà delle Macchine» doveva essere un “ponte” per mettere a contatto alcuni tra i massimi scrittori, artisti e poeti con la realtà della scienza, dell'industria, della tecnologia; un laboratorio in grado di verificare l’utilità, e per certi versi l’insostituibilità, dell’approccio creativo dell’arte e della letteratura come strumento di conoscenza per fenomeni che di letterario non hanno nulla.

La rivista nasce in un periodo storico particolare: da un lato gli orrori della guerra, nel 1953 ancora così vicini nella memoria da non poter neppure essere definiti ricordi, e quell’inquietudine di fondo che si portano dietro, generata dall’aver compreso in tutta la sua drammaticità la fragilità della vita umana, e dall’altro la voglia di rinascita e di ricostruzione, l’idea di un progresso potenzialmente senza limiti e la volontà di mettere quelle stesse macchine e tecnologie, portatrici di morte e distruzione durante la guerra, al servizio della collettività.

Sinisgalli interroga quindi i più importanti intellettuali del suo tempo e li invita ed esporre le loro considerazioni, riflessioni, ma anche paure ad angosce, sulle macchine e sul loro ruolo nella civiltà moderna. Le risposte oscillano tra l'utopia espressa da Moravia (“Il dominio sulla macchina senza inconvenienti e senza pericoli”), l'ottimismo di Gadda (“La parola progresso, che altrove è mito e bugia, non è mito e neppure bugia, nel vasto cantiere della verità meccanica dove sono ad opera le macchine”), il pragmatismo di Tofanelli (“Dalla bicicletta a motore all’aereo supersonico, alle macchine a propulsione atomica, la sostanza non cambia. Nella lotta contro la miseria e per l’accorciamento delle distanze, la macchina ha un compito decisivo, ed è dalla parte di chi lavora”) e ancora i dubbi espressi dal pur entusiasta Ungaretti sulla possibile disumanizzazione prodotta dalla società tecnologica e sulla necessità di dominare la macchina, di “renderla moralmente arma di progresso”.

Problemi, discussioni, quesiti anche cruciali mai così centrali e attuali come oggi, in un’epoca in cui si costruiscono macchine, che servono a delle macchine, per produrre altre macchine.

Proprio per questo nel 2019, dopo un silenzio durato quarant'anni, Fondazione Leonardo ha deciso di rieditare la rivista sotto la direzione editoriale di Peppino Caldarola, rinnovandone il progetto editoriale e proponendola con periodicità trimestrale per “… inoltrarsi nei terreni difficili della ricerca e del dialogo interculturale, avendo alle spalle non un mecenate ma una impresa radicata in questo Paese… ”. Il primo numero della nuova rivista è stato presentato il 5 giugno 2019 al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.

Da Sinisgalli a Caldarola, attraverso richiami costanti tra la prima Civiltà delle Macchine e la nuova Civiltà delle Macchine, la mostra vuole dunque illustrare quelli che erano e sono i punti cardinali, le quattro direzioni principali verso le quali muoversi per raggiungere un progresso sostenibile e alla portata di tutti: cultura umanistica, innovazione tecnologica, arte e industria.

Infine un’ultima sezione è dedica al rapporto tra Sinisgalli e i più giovani, ai quali il poeta ingegnere riservò sempre grande attenzione, considerandoli i veri destinatari di quel progresso sostenibile tanto auspicato e dedicando loro ampio spazio sulle pagine della sua rivista.