28 gennaio
Omaggio a Dino Buzzati
nel cinquantesimo anniversario dalla sua morte
di Lorenzo Fiori e Davide Trabucco
nel cinquantesimo anniversario dalla sua morte
di Lorenzo Fiori e Davide Trabucco
Cinquant’anni fa ci lasciava Dino Buzzati, bellunese ma milanese di adozione.
Un grande umanista poliedrico, capace di esprimere le intuizioni dei propri sentimenti in racconti di cui si ha bisogno di leggere e rileggere. Come non ricordare infatti “Il deserto dei Tartari” …… ma Buzzati era anche un artista, amava la pittura “… dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie …”.
Ecco, noi oggi desideriamo rendere omaggio a uno dei più affascinati e originali interpreti del nostro tempo, con un breve testo e con il rimando alle sue parole narrate da un grande attore, Arnoldo Foà, nel documentario Pianeta Acciaio, materia fondamentale, da sempre controversa, con la quale il nostro Paese ha però costruito tanto del suo sviluppo economico e benessere e della quale conserviamo nei nostri archivi molta della memoria industriale.
Quell’interpretazione dell’uomo contemporaneo, così vera, così dura.
In tempi di Covid sappiamo perfettamente cosa possa significare il senso di paura, di angoscia, di solitudine. Il lockdown ha influito pesantemente sulla nostra psiche. Quanti casi di alienazione, di depressione, di disorientamento, soprattutto nei giovani. Quel senso di ansia, di attesa, quella fuga dallo spazio-tempo ci ricorda il Giovanni Drogo del Deserto dei Tartari. Dino Buzzati era un genio, pendente tra la poesia e la pittura aveva già interpretato gli umori, i sentimenti dell’uomo postatomico. Calato nella modernità, non guardava al passato, viveva il presente e con occhi disincantati prediceva il futuro.
L’industria lo affascinava, l’acciaio lo meravigliava, con le sue implicazioni sociali, con le sue applicazioni in campo tecnologico. Interprete di quell’umanesimo scientifico propugnato da Leonardo Sinisgalli, direttore della rivista “Civiltà delle Macchine”, l’eclettico Buzzati credeva in un sapere universale, trasmettendo i suoi pensieri, le proprie emozioni con la grazia della penna e con la leggiadria del pennello.
Si spiegano così i suoi molteplici interessi in campo industriale, sfociati nella sua partecipazione al filmato “Pianeta Acciaio”, conservato nella nostra fototeca, dove l’acciaio diventa il protagonista dell’evoluzione tecnologica dell’uomo contemporaneo, l’emblema, l’incarnazione del progresso, da cui l’homo faber, l’uomo-demiurgo, plasma e modella il mondo. Un mondo tuttavia sempre più frenetico, che accanto al benessere, associa quell’inquietudine, quel “male di vivere” con cui dobbiamo convivere, che ci ricorda come l’uomo postatomico ha raggiunto il culmine della sua potenza, ma anche della sua fragilità.
Intellettuale, uomo colto, ma anche uomo del popolo, dentro il popolo. Fautore di una divulgazione aperta, inclusiva, non elitaria. Lo ricordiamo con un suo commento alla rivista Civiltà delle Macchine, conservata presso la Fondazione Ansaldo: “La regola normale della divulgazione è che lo scienziato scenda. Qua è il lettore che si innalza. L’ambiente, comunque, è fatto per incoraggiarlo…” e con il link alla breve clip tratta dal documentario “Pianeta Acciaio” all’interno del quale Arnoldo Foà legge le parole scritte da Buzzati.
Fondazione Ansaldo
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