#Storiedaraccontare
Nella primavera del 2021, grazie alla convenzione con l’Università degli Studi di Genova, Martina Novello, iscritta al corso di studi Lettere, musica e spettacolo, ha iniziato a svolgere il proprio tirocinio curricolare presso la Fondazione, lavorando sull’Archivio Gandus acquisito recentemente. Martina si è laureata oggi portando in sede di discussione una tesi nata dall’esperienza vissuta in Fondazione dal titolo: Fra Tintin e Calimero: l’Archivio dell’Istituto Grafico Bertello e Gandus Edizioni.
Grazie a Fondazione Ansaldo ho avuto la possibilità di approcciarmi per la prima volta al mondo degli archivi in maniera diretta e concreta. Successivamente al tirocinio ho voluto dare continuità alla mia esperienza sviluppando la mia tesi di laurea triennale partendo proprio dal lavoro svolto presso la Fondazione nella convinzione che fosse corretta conclusione del mio percorso.
L’interesse per l’Archivio Gandus nasce proprio da qui, infatti il mio arrivo in Fondazione coincise con l’acquisizione dell’Archivio, pertanto era necessario svolgere un lavoro di inventariazione e riordino dei materiali che mi ha consentito di assistere e partecipare direttamente alle prime fasi del lavoro che svolge un archivista.
L’Archivio Gandus racconta le attività imprenditoriali e professionali di un’eccellenza ligure in ambito grafico: la famiglia Gandus. È la testimonianza dei numerosi rapporti intercorsi fra le aziende della famiglia e soggetti sia italiani che esteri. Sono particolarmente rilevanti le collaborazioni lavorative dei Gandus con l’Istituto Grafico Bertello. Si tratta di una storia raccontata tramite documenti, i quali riguardano fatti, azioni, vicende che hanno avuto luogo in percorsi di vita pubblica ma anche privata.
Nonostante il mondo degli archivi sia variegato l’immagine comune è ancora piuttosto stereotipata, sono visti come luoghi polverosi contenenti vecchie carte, ma in realtà sono molto di più: sono Fabbriche della Memoria.
Biplano Bristol, Gran Bretagna 1914
L’oggetto del mio lavoro riguarda un fondo archivistico che possiamo definire atipico, non tanto perché smentisce il falso mito grazie alla vivacità dei colori dei documenti che lo compongono, ma specialmente per via della sua natura di archivio d’impresa. Gli archivi d’impresa sono una parte molto importante della memoria storica del nostro paese, oggi sempre di più il loro valore è riconosciuto non solo dagli archivisti e dagli storici, che sviluppano gli studi in materia di business history, ma anche dagli imprenditori stessi che percepiscono il passato aziendale come un patrimonio da conservare.
Analizzando le vicende aziendali legate alla famiglia Gandus e all’Istituto Grafico Bertello, inoltre, si evince l’importantissima connessione del settore economico con le vicissitudini storico-politiche. Gli archivi d’impresa, pertanto, ci dicono molto di più che la semplice storia relativa all’ambito produttivo di cui fanno parte.
L’oggetto del mio elaborato riguarda l’analisi del lavoro di organizzazione di un archivio, scomponendo ed esaminando le operazioni da svolgere per tale scopo. Oltre a questo aspetto ho cercato di ricostruire la storia di un’eccellenza ligure in campo grafico anche avvalendomi della testimonianza di uno dei protagonisti delle vicende, il Dottor Sergio Gandus. L’attività di ricostruzione degli avvenimenti connessi al soggetto produttore inoltre è estremamente allacciata alle azioni più tecniche legate al lavoro specifico sul materiale, in quanto conoscere nel modo più possibile accurato la storia di chi crea i documenti è una componente molto importante per una corretta sistemazione dell’archivio.
Nel mio elaborato ho presentato le vicende del soggetto produttore, le aziende della famiglia Gandus e l’Istituto Grafico Bertello e la storia dell’ente conservatore, Fondazione Ansaldo. Ho soprattutto posto l’attenzione sulle azioni specifiche che riguardano la gestione dei documenti in ambito archivistico e approfondito un aspetto importante che riguarda il Fondo Gandus: la sua natura di archivio d’impresa e del prodotto e le conseguenti peculiarità.
Lo scopo del mio lavoro è di offrire un’analisi delle operazioni da svolgere per trattare i documenti in ambito archivistico, inoltre vi è l’interesse di illustrare le peculiarità degli archivi d’impresa che, in quanto categoria specifica, possiedono caratteristiche proprie. Tuttavia, con il mio elaborato punto ad evidenziare che, nonostante si possa parlare di un genere preciso di archivi, le esperienze sono eterogenee in linea con la complessità del mondo delle imprese.
Fondazione Ansaldo sia è mostrata estremamente disponibile alla realizzazione del mio lavoro, ho avuto la possibilità di toccare con mano i documenti, di usarli sia come fonte storica che archivistica e di donare perciò un valore aggiunto al mio elaborato.
È oramai ragionevole affermare che siamo diventati una società digitale, informatizzata. Digitale sotto ogni aspetto, dalla vita pubblica a quella privata, passando per l’ambito lavorativo ed il tempo libero. Una digitalizzazione che è andata consolidandosi a partire dalla fine del secolo scorso, con l’avvento dei primi dispositivi elettronici che hanno permesso di collegarci ad ogni persona, in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi momento, soltanto con un semplice click.
Questo grande fenomeno, frutto dell’innovazione dell’instancabile homo faber nonché accelerato anche dalla globalizzazione, si è fatto sempre più strada con crescente prepotenza, entrando in tutti gli aspetti del quotidiano di ogni singolo individuo. Nonostante tutto questo grande sviluppo, in così poco tempo, le persone non si sono disfatte completamente di alcune tradizioni, credenze e pratiche ormai sfatate e superate da circa trecento anni: l’oroscopo, lo studio degli astri e la predizione del futuro.
Figura 6 Frontespizio dell'Astrologia convinta di falso di Geminiano Montanari, edita a Venezia nel 1685.
Già dalla metà del XVII secolo, con i primi studi ed elaborati scritti di Galileo Galilei, sappiamo essere iniziato quel gran processo che porterà alla Rivoluzione scientifica settecentesca e al metodo sperimentale.
Questa rivoluzione porterà ad un grande fiorire di temi e teorie, specialmente durante il corso del XVIII secolo quando si sviluppò l’Illuminismo. Una corrente di pensiero che abbracciava diversi intellettuali di tutta Europa, i quali iniziarono a riunirsi e a discutere di grandi tematiche scientifiche, filosofiche, politiche ed economiche, che dovevano in qualche modo scandire la nuova società moderna a discapito dei vecchi schemi imposti sino a quel momento dalle classi dirigenti e dall’élite.
Di conseguenza, ricollegandoci al tema astrologico, anch’esso sarà sfatato da molti studiosi a favore di una nuova astronomia matematica, attentissima ai dati di carattere osservativo ed in linea con il nuovo modello eliocentrico. Un’astronomia nuova, giustificata scientificamente, fondata sull’emergenti teorie degli studiosi.
Sebbene la società abbia superato queste credenze, di fatto senza alcuna base scientifica, non rinuncia alla consultazione degli oroscopi on-line o sui diversi periodici, fino a calcolare l’affinità con l’anima gemella sui diversi social.
La digitalizzazione ha aiutato le masse ad essere aggiornate sugli eventi mondiali, aumentando l’informazione, le interazioni e il grado di libertà di pensiero e parola delle persone. Riducendo, però, la capacità orale degli individui, che si esprimono principalmente seguendo un altro tipo di linguaggio prevalentemente scritto e più semplificato.
Questo linguaggio, altamente smart, riduttivo e legato completamente alla comunicazione informatica, risulta più diretto ed accessibile a tutti ma annulla radicalmente il valore delle parole che possono comporre un determinato pensiero o una credenza.
La digitalizzazione non ha potuto disfarsi completamente delle credenze e delle tradizioni sopracitate, poiché le persone sono ancora molto legate ed interessante a questa piccola faccia di occulto e allo studio degli astri. Tutto questo perché il mondo digitale è un mondo trainato e fondato sul numero di “mi piace”, inglesizzati in like, e dalle visualizzazioni. Vi è un vero mercato economico alle spalle di tutte queste pagine che forniscono questi servizi alle diverse persone.
La libertà di parola è forse il fine più utile ed elevato di questa grande digitalizzazione, che forse un po' ci sta soffocando, ma che ormai è diventata basilare per la maggior parte degli aspetti della quotidianità.
Siamo in un’epoca dove alle parole non viene attribuito il giusto significato e il giusto peso; tutto viene barbaramente abbreviato, tradotto e semplificato. Questo perché?
Perché la società sta correndo, vuole raggiungere i diversi obiettivi in poco tempo e con il dispendio minimo di ricchezza ed energie.
Una società futuristica, sviluppata, composta da individui che sanno collegarsi ad ogni piattaforma digitale e utilizzare qualsiasi software o social, ma che magari non sa scrivere le lettere maiuscole in corsivo.
Civiltà delle Macchine, n. 5, 1953, Seconda di copertina: "Viaggi interplanetari" di Riccardo Manzi
Fondazione Ansaldo dalla primavera del 2021 ospita presso la propria sede studenti dell’Università degli Studi di Genova, e non solo, intenti a svolgere il proprio tirocinio curriculare immergendosi, per un mese di concreto e pragmatico lavoro, nel vasto ed eterogeneo mondo degli archivi d’impresa.
Il tirocinio ha come obiettivo l'acquisizione, da parte degli studenti, di alcune competenze di base in materia di archivi storici e fondi bibliotecari che gli consentano di partecipare attivamente al lavoro di riordino, schedatura, catalogazione e digitalizzazione dei documenti archivistici, che di volta in volta vengono inseriti sul software dedicato per poi essere resi liberamente consultabili a tutti attraverso il progetto Archimondi.
Filippo Astori, oggi dottorando in Storia moderna presso l’università di Cagliari, ci racconta della sua esperienza presso la nostra Fondazione che servita a completare il suo Master in Public History presso l’Università Statale di Milano e in collaborazione con la Fondazione Feltrinelli.
Sono passati ormai diversi mesi da quando si è conclusa la mia esperienza di stage presso la Fondazione Ansaldo. Mesi intensi, densi di impegni e ricchi di nuove sfide dettate dal percorso di dottorato che ho intrapreso presso l’Università di Cagliari. Anche le difficoltà non sono mancate, perché la città sarda si è rivelata luogo certamente accogliente, ma non così benevolo verso chi vi arriva con l’intenzione di mettere velocemente radici. E in tutto questo, naturalmente, il tempo è fluito con la sua inesorabile velocità, senza offrire al pensiero la possibilità di indugiare troppo su quanto mi stavo lasciando alle spalle.
Ma Crono, si sa, è un’entità volubile, con la stessa rapidità con cui in estate prende forma un temporale o la marea cambia di segno è capace di regalare momenti di inaspettata quiete. Quiete che può arrivare a sconfinare in un’illusoria stasi, come sta accadendo in questi giorni che mi vedono relegato in un’asintomatica quarantena. E in una situazione del genere la mente, alleggerita dalle molte preoccupazioni a causa della forzosa inattività, non può che sentirsi libera di indugiare un poco anche sui piacevoli ricordi del recente passato.
Come non ripensare dunque al giorno in cui dalla Feltrinelli mi comunicarono, in maniera del tutto inaspettata perché le indicazioni fin lì erano state altre, che avrei svolto il mio stage curriculare per il Master in Public History presso la Fondazione Ansaldo? Dopo un momento di disorientamento, una forte eccitazione cominciò a percorrermi. Seppur con mansioni radicalmente differenti, e in una linea di discendenza aziendale non proprio naturale, sarei comunque entrato in contatto con quell’impresa tanto decantata dal mio caro nonno nelle storie che mi raccontava da bambino. Quanto gli avrebbe fatto piacere apprendere che suo nipote sarebbe entrato, a far parte come lui del mondo Ansaldo, anche se per breve tempo certo. E quanto crebbe la mia emozione quando Claudia, la responsabile degli Archivi, mi informò che mi sarei dovuto occupare della digitalizzazione di documenti legati ai leggendari transatlantici italiani del secondo dopoguerra, proprio quelle maestose navi tanto celebrate da mio nonno!
A destra, Celestino Astori
Lo stage mi ha dato molto. Mi ha fatto incontrare persone mai banali come Claudia, Davide, Michela, Matilde, Giulia, Michele e Giulio. Mi ha fatto trascorrere momenti pieni di grande ilarità insieme ad Antonio, Carlo, Ivan, Walter e Stefano. Mi ha iniziato a trasmettere una serie di conoscenze che ora posso spendere e amplificare nel percorso di dottorato. Mi ha permesso di conoscere un personaggio davvero avvincente come l’architetto Nino Zoncada. Mi piace pensare, tuttavia, che tra le centinaia di foto che ho riordinato e digitalizzato ce ne fosse qualcuna scattata proprio dal mio caro nonno durante i suoi vent’anni di lavoro nel reparto fotografico dell’Ansaldo. Magari quella del Giardino d’inverno dell’Andrea Doria, forse quella della sala delle feste di prima classe della Leonardo da Vinci, chissà. Questo sarà forse il ricordo più bello che mi porterò dietro relativo ai miei due mesi in Villa Cattaneo dell’Olmo: la suggestione e la speranza di aver toccato con mano qualcosa frutto del lavoro di un mio antenato. Un segno, una fonte, una testimonianza di qualcosa di più “grande” e notabile consegnato alla storia, che cela però al suo interno anche una piccola traccia del passaggio della mia famiglia su questa terra.
Salotto di 1° Classe della Andrea Doria, progettato da Zoncada s.d. ma 1952
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