24 luglio
Grandi crociere d’agosto 1980-1982
con la T/N Eugenio C.:
una palestra di vita
Di Gianluca Messineo
Di Gianluca Messineo
Devo ammettere di aver avuto il privilegio e la fortuna di far parte della grande famiglia Costa, giusto qualche annetto fa’. Correva l’anno 1978 e mio padre, grande estimatore della balena bianca, mi chiese: “Gianluca, ti piacerebbe girare il mondo sull’ammiraglia della flotta Costa, la Eugenio C.?”
Non avevo fatto nemmeno in tempo ad annuire, che mi son ben presto ritrovato in uno studio medico per l’arruolamento della gente di mare a Genova a gambe divaricate e piegato a 90° per la visita di rito. “Abile e arruolato, firma qui il contratto per due mesi come… come piccolo di camera, poi si vedrà!”
Gianluca Messineo sulla tolda dell’Eugenio C., 1980
All’epoca ero un provetto e diligente studente di ingegneria a Pisa, in via Diotisalvi, ma avevo da sempre coltivato la passione per il mare e soprattutto per gli ozi di crociera, di cui da tempo sentivo favoleggiare. L’anno precedente ero appena uscito maturo dal liceo scientifico del prestigioso Collegio Navale F. Morosini, di Venezia, una vera palestra di vita, con regole ferree da seguire ed altrettanto regole per evitarle e non scritte da “sgamone”. A 18 anni, sapevo già abbondantemente come cavarmela egregiamente.
Era il 7 Agosto 1980 quando a Genova al Ponte dei Mille, salii per la prima volta a bordo di questo gigante d’acciaio, tirato a lucido e con il pavese orgogliosamente in bella mostra, pronto per partire il giorno seguente per la grande crociera di un mese intero ai Caraibi. Il cuore mi batteva a mille per l’emozione e gli occhi gironzolavano a destra e manca, per cogliere tutte le sfumature, fisiche e tattili della nave e umorali dei commissari di bordo che ci impartivano le prime disposizioni lavorative. Mi era stata assegnata una cabina a sei posti per tripulantes al ponte C, quello appena sotto il livello del mare, da condividere con altri ragazzi universitari più o meno coetanei.
Mi vestii con la divisa d’ordinanza da piccolo di camera, con livrea bianca ancora intonsa, pantaloni neri lucenti e spalline dorate e mi presentai subito dal mio responsabile. In dieci minuti o poco più, mi furono impartite una nutrita serie di mansioni e di disposizioni da seguire alla lettera. Fortuna che all’epoca ero pluri-neuronale e non fu poi così difficile da memorizzarle, nonostante l’ambiente di lavoro fosse per me completamente nuovo ed ancora tutto da scoprire. Poiché il mio DNA mi porta ad essere un accumula-tore e non uno sparpaglia-mucche, non fu difficile rompere subito il ghiaccio con i miei colleghi più scafati e organizzarmi a dovere il lavoro.
Gianluca Messineo in tenuta da cameriere sulla Eugenio C., 1981
Ero stato incaricato di servire la truppa ed alcuni passeggeri del ponte C a colazione, rifare le loro cabine, restare a disposizione per eventuali necessità mattutine, nel pomeriggio seguire il bingo (muovere dei cavallini di legno su una pista) e ritornare al “ponte Inferno” per eventuali richieste. Un po' soffrivo, perché vedevo il mare dagli oblò solamente quando andavo a ritirare per i clienti prosciutto e melone ed altre diavolerie culinarie al carmangè, per il resto solo muri e corridoi chiari. Dopo soli tre giorni, la fortuna mi arrise: poiché mi annoiavo, la mattina presto ero uso bussare direttamene alle porte dei passeggeri per carpire in anticipo le ordinazioni e questo fece infuriare il mio capo diretto, che mi portò dritto dritto dal commissario di bordo. “Ah, ma Lei è…, bene, la trasferisco al ponte Sole! Dagli abissi alle stelle!
Il mio nuovo ruolo sarebbe stato quello di addetto alle piscine del ponte Sole, ovvero preparare il buffet mattutino, sistemare per benino tutte le sdraio e le cabine esterne per le docce, imbandire la tavola per il light lunch (che poi tanto light non era proprio per nulla), supervisionare le attività dei giochi in piscina, servire gli antipasti durante le cene al ristorante di 1° Classe ed infine… fare l’aiuto prestigiatore, il valletto insomma, durante gli spettacoli serali. Lavoravo accanto al mago, una persona squisita, che imitava perfettamente il grande Mike Buongiorno. Ebbene in tutta la crociera non sono mai riuscito a carpire i suoi trucchi, persino quello più semplice della colomba!
Talvolta alla sera, venivo chiamato per integrare il personale durante le serate con la sorpresa di mezzanotte dello chef. E poi, … e poi non ancora esausto… mi cambiavo in vestiti borghesi e andavo in… discoteca, come un normale passeggero! Non era certo consentito, ma ora si può dire. Alle sei di ogni mattina, ero nuovamente sulla breccia, per ripartire con le mansioni di addetto piscine al ponte Sole.
Piscina della turbonave Eugenio C., Archivio Costa, Fondazione Ansaldo
Vi risparmio volentieri alcuni dettagli, ma …. mangiavo cose buonissime, spizzicando di qua e di là, più volte al giorno, eppure alla fine della crociera ero dimagrito di ben cinque chili! Abbronzantissimo, di un colore che solo il sole dei Caraibi è in grado di offrire, ero persino piuttosto gettonato, anche perché sempre disponibile, galante e con il sorriso a 32 denti!
La mia fortuna poi era anche il fatto che in porto, le piscine erano spesso chiuse, e quindi, potevo partecipare alle escursioni dei passeggeri, dove ero tra i primi tripulantes che si presentavano in commissariato come volontari. Le spiagge di Barbados, Aruba, Cozumel in Messico e Bermuda erano veramente splendide. Conservo ancora viva nei miei occhi l’immagine delle altissime rampe di lancio NASA di Cape Canaveral e le modernissime montagne russe di DisneyWorld!
Dopo trenta giorni, il primo sbarco, per poi riprendere negli anni successivi per la grande crociera in agosto nelle capitali nordiche fino a Leningrado e quelle più brevi, di dieci giorni, nel Mar Mediterraneo. Stavo talmente bene a bordo e persino benvoluto, che avevo deciso di trascorrere come cameriere anche un Capodanno sulla Eugenio C. con destinazione isole greche, Israele ed Egitto. Non avevo problemi economici, lo facevo per puro piacere, quello che guadagnavo lo spendevo velocemente nelle escursioni e nei regali.
Ricordo con grande nostalgia le peripezie incredibili a cui ero costretto insieme ai colleghi camerieri per trasportare dei pesciazzi lunghi e pazzeschi dalla cucina fino al lungo tavolone dove camerieri professionisti provvedevano al taglio in porzioni. La difficoltà maggiore consisteva nel fatto che la nave, benché già all’avanguardia e provvista di pinne stabilizzatrici, non era certo un piano orizzontale e si doveva driblare nel nostro percorso i vari tavoli dei passeggeri. Ringrazierò sempre il buon Dio per non aver mai catapultato i pesanti pesciazzi per terra o sporcato di sughetto qualche passeggero seduto beatamente a tavola, ma il nostro continuo barcollio era evidente e pericolosissimo per chi si trovava vicino!
Un ultimo ricordo: durante la navigazione nel Mar Baltico eravamo incappati in una discreta tempesta e mentre gran parte dei passeggeri non erano saliti al ristorante per cena e vedessimo le sedie scivolare in sù e giù, in ogni direzione, io mi sollazzavo guardando con simpatia i malcapitati e deglutendo quantità industriali di pizza e di gelato invendute!
Di cose e aneddoti da raccontare ne avrei ancora assai, ma non volendo tediare troppo il lettore, chioso, ringraziando ancora la famiglia Costa e tutto il personale dell’epoca dell’Eugenio C., dai colleghi alla gente di spettacolo, dai fotografi ai panettieri e pasticceri, dagli ufficiali di bordo e perché no? anche qualche gentile signorina passeggera!
Grazie ancora quindi a questa meravigliosa nave che mi ha fatto conoscere in adolescenza, dal privilegio del dietro le quinte, quanto sia bello il mondo e ricchi di buoni sentimenti i suoi abitanti, anche lavorando sodo a bordo!
Alla prochaine… magari, questa volta, da passeggero ozioso.
Turbonave Eugenio C. in navigazione, Archivio Costa, Fondazione Ansaldo
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