8 marzo
Storie di donne:
la poetessa che si ribellò al sistema
di Davide Trabucco
di Davide Trabucco
Sibilla Aleramo. Oggi ti dedichiamo la giornata delle Donne. A te che rappresenti forza e speranza, intelligenza e sensibilità. Non hai trovato la pace in vita, l’hai trovata nell’eternità.
La festa delle donne è anche un momento per fermarsi e ricordare. Il ricordo è amaro ma simbolico. C’è un intento didascalico nel riportare alla luce la memoria. La storia di donne, umili, semplici, colte, intellettuali. Donne di ogni estrazione sociale. Donne povere e donne ricche. Donne.
Sibilla Aleramo (con i fiori in mano) in visita durante l’autogestione dei lavoratori presso lo Stabilimento Ilva di Bolzaneto.
Sibilla è un ricordo dolceamaro. Intelligenza rara, presenza affascinante, conversatrice affabile. Scrittrice, poetessa, giornalista. Figura tra le più importanti nella cultura italiana del primo XX secolo. Perché dolceamaro? Ci ricorda la brutalità dell’esistenza, la brutalità dell’essere umano calato nella storia. Vivere nel periodo sbagliato è l’equivalente di una condanna. Essere donna è anche sofferenza, privazioni. È un mondo di parole nascoste, custodite nell’animo, impossibilitate ad esprimersi. C’è un mare di silenzi, e tra le onde dei sentimenti e dell’emotività fuoriescono tali irrefrenabili desideri che neanche la società del tempo può fermare. Sibilla è un oceano senza fine, a tratti calmo, a tratti impetuoso.
Così Sibilla riporta questo breve commento di Gobetti su di lei: “Gobetti scrive che mi si vuol bene per il mio inesauribile coraggio, ma non sa di quanto ne ho bisogno, proprio ora!”
Di coraggio Sibilla ne ha davvero da vendere. La sua felicità, la sua spensieratezza, vengono interrotte dal dramma della violenza e della sopraffazione. Vittima di abusi e molestie, è praticamente una bambina. Al trauma se ne aggiunge uno ben peggiore: sposare il suo aguzzino. La società del tempo vuole questo. Sibilla si adegua ma cova rabbia e risentimento. La sua forza interiore è inarrestabile, nessuna convenzione, nessuna imposizione la spaventa. Sibilla nasce libera, la sua anima non accetta di essere incatenata a una triste vita domestica con un uomo che non ama, con un uomo che non l’ha conquistata ma l’ha sopraffatta. Dall’unione forzata nasce un figlio e si spera che almeno questo possa frenare la depressione. Ma è vita questa? Crescere nella speranza dell’amore e scoprire che l’amore non esiste?
La maternità. Una delle gioie più belle. Non per Sibilla. Sibilla ama suo figlio ma non riesce a vivere nell’illusione di una vita che non ha scelto, di una vita che le è stata imposta, di una vita che è solo apparenza.
La fuga da casa. Da un matrimonio infelice. L’abbandono di un figlio, un dolore che non riuscirà mai a superare. La società dell’epoca la etichetta, la colpevolizza, in quanto donna. Lei non si arrende. Combatte, contro i pregiudizi, contro le convenzioni. Tante relazioni sentimentali, alla ricerca dell’amore vero, una carriera impegnata nel promuovere la condizione della donna, in un’epoca dove il patriarcato si impone con forza, schiacciando ogni speranza di libertà e di realizzazione.
Sibilla Aleramo (a destra) ricevuta dal segretario del Consiglio di Fabbrica durante l’autogestione dei lavoratori presso lo Stabilimento Ilva di Bolzaneto.
Sibilla, in un mondo ancora arretrato per la questione dei diritti, anticipa il futuro. È parte di una piccola élite di intellettuali progressisti, con cui trova serenità e affinità mentale. Tra di essi vi è Giovanni Ansaldo, a cui la poetessa-scrittrice è legata da una sincera amicizia.
Sibilla e Giovanni. Intellettuali. Colti. Storie in parte speculari. Come nacque l’amicizia tra i due? Sicuramente c’era sintonia di idee, di pensiero. Negli anni ‘20 il Fascismo prende il potere. Vi è un vasto consenso ma anche una vasta opposizione. Tra gli antagonisti vi sono scrittori, politici, letterati; una parte dell’intellighenzia italiana, Sibilla compresa, rifiuta l’ideologia violenta e prevaricatrice del Fascismo. Sorgono associazioni, riviste di tendenza liberale che affrontano la complessità del tempo in un’ottica progressista. Si instaurano contatti diretti ed epistolari, si infittiscono reti tra i maggiori esponenti di diverse scuole di pensiero. L’antifascismo è realtà e sfocia nel manifesto degli intellettuali antifascisti del 1925.
Sibilla e Giovanni sono dichiaratamente antifascisti; si scrivono, si vedono, lavorano in funzione del libero pensiero, l’una con i suoi lavori teatrali e di scrittrice, l’altro grazie al quotidiano genovese de “Il Lavoro”. La loro corrispondenza è intima, come già scritto si intuisce la stima reciproca tra i due, che va al di là del mero rapporto professionale.
Lettera di Sibilla Aleramo a Giovanni Ansaldo, 20-12-1924
Tempi difficili perché a breve le leggi fascistissime avrebbero trascinato il paese nella dittatura, non ci sarebbe stato più alcuno spazio per giornali dissidenti, politici avversi, intellettuali democratici. Sibilla e Giovanni combattono, accanto a illustri personaggi. Piero Gobetti è tra questi. Fondatore de La Rivoluzione Liberale, fautore del libero pensiero, duramente contrapposto al Fascismo, Gobetti pagò con la vita il suo anelito di libertà. Nella corrispondenza tra Sibilla e Giovanni si cita diverse volte il giovane intellettuale torinese che descrisse, come già detto, l’Aleramo come una donna di “inesauribile coraggio”.
Inesauribile coraggio…eh si…il trauma di una violenza, l’abbandono di un figlio, la carriera professionale messa a repentaglio da un regime dispotico, illiberale e violento. Non possiamo avere accesso ai pensieri della Aleramo, ma possiamo provare a comprenderli proprio dalla corrispondenza con Giovanni Ansaldo, di cui la Fondazione conserva memoria. Sibilla si getta a capofitto nel suo lavoro diviso tra opere letterarie e teatro, i fallimenti scuotono la donna, che affronta la depressione, i tormenti, ma non si abbatte e non cede. Il turbinio delle emozioni lo intuiamo dai suoi continui spostamenti in giro per l’Italia, dopo anni di vita domestica imposta, la Aleramo non mette più radici. È un’esistenza veloce, libera, soprattutto dai preconcetti del suo tempo. I legami però ci sono, legami di amicizia, di pensiero, come con Ansaldo e Gobetti. L’ultima lettera, in realtà una cartolina, di Sibilla a Giovanni, è dell’agosto 1940, in pieno conflitto mondiale: “Un saluto, con l’antica cordialità (anch’io vostra ascoltatrice alla radio) agosto 1940 XVIII”.
Cartolina di Sibilla Aleramo a Giovanni Ansaldo, 1940
Donna fuori dagli schemi, animata da spirito libertario fino alla fine, non esita neppure un secondo a schierarsi a fianco dei lavoratori dell’Ilva di Bolzaneto, che nel 1950 rischiavano il licenziamento a causa della chiusura dello stabilimento. È una stagione gloriosa dove i lavoratori in autogestione, sostenuti dalle proprie famiglie, combattono per i propri diritti. Sibilla è in visita al loro fianco, per supportarli. Un’altra battaglia, l’ennesima della sua vita.
Diritto alla parità di genere, diritto al lavoro. Sibilla crede in un mondo migliore, un mondo più giusto. Un mondo che nella sua epoca pare utopistico e che oggi, purtroppo, nel lontano 2022, abbiamo raggiunto solo in parte. Il ricordo di Sibilla Aleramo, durante la giornata internazionale della donna, diventa così consapevolezza. Che la lotta per l’uguaglianza è ben lungi dall’essere risolta, che il sacrificio di Sibilla e delle sue sorelle sia d’esempio per una rinascita del genere umano, per troppo tempo insensibile al grido di dolore delle donne e delle categorie più svantaggiate. Per troppo tempo insensibile all’amore.
“Non so se sono stata donna, non so se sono stata spirito. Son stata amore.” Sibilla Aleramo
Fondazione Ansaldo
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