#Storiedaraccontare
Le aquile che vengono dal mare
di Elena Bagnasco.
Attraverso i ricordi, tramandati di madre in figlia e non solo, oggi vogliamo celebrare una storia che fa parte di Genova: quella della Guzzi.
Il genovese Giorgio Parodi fondò il marchio esattamente 100 anni fa, il 15 marzo 1921 insieme al padre Emanuele Vittorio e altri tre firmatari, tra cui Carlo Guzzi, rappresentato all’atto da Giorgio.
Durante la prima guerra mondiale Giorgio, abile imprenditore, Carlo, meccanico geniale e Giovanni, pilota straordinario, idearono la vision di una motocicletta innovativa e mai vista prima che ancora oggi ci fa volare.
Quando per un fortunato caso ho iniziato l’avventura che mi sta portando alle celebrazioni del Centenario della fondazione della famosa motocicletta dell’aquila dorata, proprio in ricordo del suo fondatore genovese Giorgio Parodi, non immaginavo certo che mi sarei addentrata così tanto nell’anima e nei valori di un nonno che non ho mai conosciuto in prima persona, ma solo attraverso i racconti di mamma, spesso ancora offuscati dal dispiacere per una perdita precoce.
Il mio ringraziamento va a tutte le persone che mi hanno aiutata nella non sempre facile ricostruzione storica e che stanno rendendo possibile il sogno di una nipote che ha imparato a guardare il nonno con gli occhi di una bambina incantata davanti ad un libro di fiabe.
Chi era Giorgio Parodi? Che cosa pensava? Quali erano i suoi valori?
Partiamo da un po’ più lontano, capostipite della famiglia fu Angelo Parodi, fondatore del Tonno Angelo Parodi; a lui dobbiamo l’invenzione del metodo per conservare il pesce in scatola. Fu nominato Cavaliere del Lavoro, come poi fu anche il figlio Emanuele Vittorio Parodi, a Genova conosciuto come “u sciù Parodi” più volte citato nelle commedie di Gilberto Govi; insieme diedero origine alla più grande flotta di navi italiana dell’epoca, di cui ancora oggi Ponte Parodi ne porta testimonianza.
Curiosamente l’aquila fu scelta come simbolo per i prodotti ittici, proprio come fece Giorgio successivamente per le motociclette, anche se per altri motivi.
Giorgio nacque e crebbe in una famiglia di imprenditori di spesso calibro con grande intuito per gli affari, nonno e padre dotati di intelligenza viva e particolari capacità che li portarono a non avere rivali nel loro settore.
Giorgio, oggi da me affettuosamente ricordato come GP, figlio prediletto di Emanuele Vittorio (in famiglia chiamato Manuelin) ereditò tutte queste caratteristiche unite ad un carattere forte e carismatico, generoso ed altruista; restò sempre schivo da ogni esibizionismo e tenace realizzatore di opere.
Nonno Giorgio fu cittadino esemplare, coraggioso pilota e grande imprenditore; un uomo tutto d’un pezzo, come ancora oggi si ricorda. I pilastri della sua vita furono Patria, lavoro, famiglia e Dio. Ebbe un profondo senso del dovere da compiere, propenso per la vita austera, non si sottrasse mai a quanto andava fatto, incurante del rischio da affrontare. Valori solidi, che ancora oggi ritroviamo nella nostra Aeronautica Militare.
Disattendendo le speranze paterne che lo volevano da subito a dirigere le attività della famiglia, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, falsificò i documenti, poiché ancora minorenne, e si arruolò volontario a Venezia.
Pur avendo l’stinto del cacciatore, in linea con il suo carattere discreto e lontano dai riflettori, scelse il nome di battaglia “Lattuga”, comune e semplice vegetale, con il quale in breve tempo divenne famoso per le sue imprese eroiche.
Fu proprio durante la guerra, all’Idroscalo di Venezia, che Giovanni Ravelli, un compagno d’armi, pilota come lui, gli presentò un meccanico, Carlo Guzzi, che diventò suo motorista di aereo.
Giorgio riconobbe subito la genialità delle idee Carlo, che allo scoppio della Grande Guerra lavorava per la Isotta Fraschini; con Giovanni, invece, condivideva la passione per la velocità, gli aerei e le moto; dall’incontro di quelle tre persone, completamente diverse tra loro, nacque la “vision” di una motocicletta nuova, qualcosa che non si era mai visto, assolutamente innovativa per il periodo.
La squadra, quindi, prevedeva Carlo, il meccanico progettista, Giorgio che si sarebbe occupato della parte imprenditoriale e Giovanni il collaudatore.
Non sappiamo con certezza dove e quando sia stato realizzato il primo prototipo, sappiamo invece per certo che l’idea piacque tanto a Giorgio da chiedere un appoggio al padre per industrializzarla: ancora oggi fa bella mostra di sé, appesa alle pareti del Museo di Mandello del Lario, la lettera incorniciata del padre Emanuele Vittorio in risposta alla richiesta del figlio, di cui citiamo una parte:
“Sull’altro argomento ho poco da dirti, propendo per natura ad incoraggiare ogni iniziativa, non sarò certo io che mi opporrò all’esperimento di cui mi parli. Però non posso neanche con te spogliarmi della mia qualità di industriale e di uomo che deve valutare la cosa anche sotto l’aspetto pratico. Per conseguenza tu dovresti non dire che hai un capitale proprio, bensì dichiarare che ricorri a me per fornirlo, dandomi così il diritto di intervenire per discutere, vagliare e sindacare, prima che la cosa sia definitivamente stabilita. Anche se tecnicamente sono poco più di un asino, tuttavia mi sento in grado di poter dare un giudizio abbastanza competente e pratico sulla convenienza e sulla probabilità di successo di una simile impresa. La risposta che dovresti dare ai tuoi compagni è che io sono favorevole in massima, che le 1500 o 2000 lire per l’esperimento sono a tua disposizione, a condizione che la cifra non sia assolutamente sorpassata, ma che mi riservo di esaminare personalmente il progetto, e prima di assicurare il mio appoggio definitivo per lanciare seriamente il prodotto. Chè se per fortunata ipotesi esso mi piacesse sono disposto ad andare molto avanti senza limitazione di cifre.”
Iniziò così la grande avventura della Moto Guzzi, purtroppo l’amico Giovanni morì in un incidente di volo poco prima della presentazione ufficiale del primo prototipo, la GP, Guzzi-Parodi, esposta in bacheca nel Museo di Mandello del Lario.
In ricordo dell’amico pilota, Giorgio scelse l’aquila ad ali spiegate della loro divisa da apporre sui serbatoi, ancora oggi simbolo distintivo di tutti i piloti militari e civili. Furono sempre il carattere discreto e signorile, la sua grande generosità e onestà intellettuale che lo portarono a decidere di non chiamare GP le motociclette prodotte, perché anche iniziali del suo nome, lasciando così a Guzzi tutto l’onore del marchio; a differenza di quanto ritenuto da molti, Carlo Guzzi restò sempre un “dipendente di lusso” seppur con incarichi importanti nell’azienda della Famiglia Parodi.
Il 15 Marzo 1921 fu fondata a Genova la prima “ Società Anonima Moto Guzzi” con capitale proveniente dalla famiglia Parodi, azionista di maggioranza e primo presidente fu Emanuele Vittorio, Giorgio dopo poco tempo diventò vice presidente, Carlo Guzzi, rappresentato da Giorgio al momento della firma poiché assente, fu nominato amministratore delegato insieme ad un altro Parodi, Angelo (figlio di un fratello di Emanuele), quinto firmatario Gaetano Belviglieri, uomo di fiducia dei Parodi.
Negli anni furono voluti e fatti da Manuelin e Giorgio investimenti di centinaia di milioni dell’epoca per essere all’avanguardia nella produzione; in azienda si trovavano macchine automatiche a ciclo continuo (alcune progettate appositamente in Svizzera) e centrali elettriche, la sede legale genovese era collegata via ponte radio con lo stabilimento avviato a Mandello del Lario, una vera rarità per il tempo.
Ma GP non si fermò, fedele al suo carattere tumultuoso, oltre alle attività di famiglia, armatoriale e motociclistica, nel 1928 fondò insieme al fratello e Giorgio Profumo, l’attuale Aeroclub di Genova, sua pupilla fu l’imbattuta Carina Negrone, a lui è dedicata la scuola di volo genovese.
Già plurimedagliato, partecipò alla Guerra d’Etiopia e la Seconda Guerra Mondiale lo vide in prima linea.
Grazie ai racconti di Angelo Balzarotti, figlio di Ferdinando, celebre pilota della Moto Guzzi, si possono ripercorrere quelle difficili giornate per non far bombardare lo stabilimento. Nel cuore della notte, Ferdinando portava Giorgio da Mandello a Torino e Roma per fare accordi con gli alleati. Lui davanti e il nonno dietro. In sella ad un “Condor”, Giorgio sfinito dalla stanchezza infilava le mani in tasca a Ferdinando e gli diceva: “Corri Ferdinando, veloce, più veloce.” La risposta del pilota era: “Non posso Dott. Giorgio, non vedo, siamo schermati.” La risposta coraggiosa era sempre: “Togli tutto Ferdinando, leva la schermatura.” Dopodiché, stremato dalla stanchezza, si addormentava sulla spalla del suo pilota. Fu così che la Moto Guzzi non fu bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale.
Fu proprio durante quest’ultima che ebbe un grave incidente, un motore esploso in volo gli costò la perdita di un occhio, ma sopportando il dolore e tacendo ai compagni, li portò in sicurezza.
Celebre di lui la frase: “Meno male che è capitato a me che ho i soldi per curarmi”.
Con un occhio di meno, il viso sfigurato dalle cicatrici ed un braccio semiparalizzato, il Capitano Giorgio Parodi fu costretto a dire addio al volo, dopo aver ottenuto 5 medaglie d’argento e una di bronzo.
Atterrato definitivamente a Genova, nonno decise di dedicarsi completamente al lavoro e alla famiglia, che nel frattempo era cresciuta.
Nel 1937 sposò la Contessina Elena Cais di Pierlas, grande amore della sua vita, dalla quale ebbe 3 figli, 2 maschi Andrea e Roberto, mancati entrambi in giovane età in gravi incidenti d’auto, e Marina, la mia mamma, unica figlia ancora in vita di GP.
Sono in pochi a sapere che anche lei ebbe un ruolo nella storia della Moto Guzzi, a partire da un certo periodo molti modelli furono chiamati con il nome di un volatile: Falcone, Galletto, Zigolo. In tanti pensano che sia la normale conseguenza della scelta iniziale dell’aquila, in realtà questi nomi furono scelti da lei, un tocco femminile in una fabbrica che sfornava motociclette come “Normale” o “Norge”.
La nonna Elena, purtroppo si ammalò gravemente, un male incurabile e nel 1954 mancò prematuramente. Dopo tante battaglie combattute e vinte, questa fu fatale al Nonno, distrutto dal dolore, ebbe un attacco cardiaco il 18 Agosto 1955, giorno di Sant’Elena Imperatrice, un anno dopo la scomparsa di lei, lasciando 3 figli minori.
Oggi, a distanza di molto tempo, mi ritrovo a parlare nuovamente delle aquile dei Parodi, orgogliosa di poter raccontare la storia di un uomo chiamato “Lattuga”.
Voglio chiudere queste poche righe con una frase presa dal testamento spirituale di GP per i figli, parole che in un momento di incertezza e difficoltà come quello che stiamo vivendo, dovrebbero essere luce nell’oscurità di un’epoca dominata da valori appannati.
“Preoccupatevi degli interessi del nostro Paese più che del vostro. Non circondatevi di troppi agi, non sottraetevi al servizio militare né al pagamento delle tasse, siate indulgenti gli altri e severi con voi stessi.”
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