“… quest’apparecchio mi sembra destinato a dare grandi risultati nelle ricognizioni lontane …”

L’ideazione dell’apparecchio S.V.A. risale all’Ufficio Tecnico della Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare durante il periodo della prima grande guerra, sotto la guida degli ufficiali, allora maggiori, Savoia e Verduzio. Lasciarono il loro nome nelle iniziali dell’apparecchio al quale si aggiunse la A di Ansaldo.


A300 biposto da ricognizione 1 di 2
A300 biposto da ricognizione (1 di 2)

Originariamente l’apparecchio era stato pensato per un determinato motore e studiato sulla scorta delle esigenze belliche e degli elementi teorici che allora rappresentavano quanto di più scientificamente aggiornato e disponibile: siamo infatti agli albori dell’aeronautica, soltanto 15 anni dopo il primo volo dei fratelli Wright.

A300 biposto da ricognizione 2 di 2
A300 biposto da ricognizione (2 di 2)

L’ing. Giuseppe Brezzi, allora direttore generale dei cantieri aeronautici Ansaldo, intuì che un tale apparecchio avrebbe rappresentato un eccezionale progresso e quindi insistette perché gli fosse consentito di poterlo industrializzare e costruire. Scriveva al Direttore Tecnico dell’Aviazione Militare “…quest’apparecchio mi sembra destinato a dare grandi risultati nelle ricognizioni lontane e specialmente nel bombardamento a grande raggio d’azione…”.

ling. Brezzi e il pilota Mario Stoppani

Da queste sue parole emergono dunque i tratti salienti del requisito tecnico-operativo: un raggio d’azione superiore a quanto allora disponibile e una capacità di carico adeguata alle operazioni aeree militari di ricognizione in profondità e di bombardamento. Siamo nel gennaio del 1917, l’anno della disfatta di Caporetto da cui partirà poi la riscossa per la vittoria finale.

Tra il gennaio e l’agosto del 1917 furono effettuate delle prove che portarono a introdurre modifiche e migliorie che culminarono con successo in un volo di prova Torino Udine e ritorno senza scalo, completato in 5 ore e coprendo una distanza complessiva di 1100 km. Seguì un ulteriore test da Malpensa a Foggia e ritorno su Bologna, addirittura in condizioni atmosferiche avverse, coprendo ben 1450 km in 6 ore e 40 minuti.

Prove statiche di carico su cella

Prove statiche di carico su cellula

Da quel progetto furono quindi derivate delle varianti tra le quali anche una versione idrovolante. Lo SVA divenne quindi una famiglia di apparecchi.

La famiglia aeroplani SVA

La famiglia aeroplani SVA

Il cantiere di costruzione (così era definito allora lo stabilimento) era situato a Borzoli - Sestri Ponente. Attorno a questo sorse poi un cantiere di montaggio a Bolzaneto, con annesso campo volo, mentre per la versione idrovolante ne sorse uno a Spezia.

visita del Duca degli Abruzzi a Borzoli  Linea Volo a Bolzaneto

La visita del Duca degli Abruzzi al Cantiere Borzoli e la linea volo a Bolzaneto

L’avvio della produzione vide la successiva realizzazione di linee produttive a Torino, sempre con campo volo annesso.

linea montaggio cellula

Linea di montaggio cellula

Da tutto questo si configurò anche una supply chain (catena di fornitura) per approvvigionare non soltanto materiali disponibili sul mercato ma anche di nuove imprese in grado di soddisfare i bisogni della produzione di serie.

Reparti montaggio e intelaiatura ali     Montaggio intelaiatura ali 2

Reparti montaggio e intelaiatura ali

Lo SVA era in estrema sintesi un biplano ad ali ineguali e a cellula rigida. Le ali superiori erano munite all’estremità di alettoni comandati a mezzo di cavi di acciaio. Le ali inferiori, più piccole, erano collegate direttamente alla fusoliera. Entrambe le ali superiori e inferiori avevano un taglio centrale in prossimità degli attacchi per permettere al pilota la visione in alto e in basso.

Reparto Lavorazioni parti in legno

Reparto lavorazioni parti in legno

La fusoliera si componeva di un longarone inferiore in legno e due longheroni superiori anch’essi in legno, riuniti tra loro da una serie di centine di legni compensati.

La fusoliera e le installazioni

La fusoliera e le installazioni

Sull’avanti della fusoliera era posto il motore a raffreddamento ad acqua. Quelli impiegati erano lo Spa 6 della potenza di 210HP (lo Spa 6 era un motore aeronautico 6 cilindri in linea raffreddato ad acqua progettato dall'azienda italiana Società Piemontese Automobili fondata da Michele Ansaldi e Matteo Ceirano a Torino – nel 1926 la società confluirà nella FIAT) e l’Isotta Fraschini V6, più potente.

Il radiatore era frontale e attraverso ad esso passava il mozzo dell’elica. Nella fusoliera erano posti due serbatoi, uno per l’olio e uno per la benzina.

Interessante e innovativa caratteristica da segnalare era, per le versioni monoposto, la possibilità di allocare dietro il serbatoio della benzina i telai per il sostegno di due macchine fotografiche per le missioni di ricognizione.

Il pilota aveva davanti a sé una tavoletta con gli strumenti di controllo del motore. Il comando ad asta verticale portava i cani per lo sparo della mitragliera e un dispositivo per regolare il regime del motore. Il comando del timone direzionale era nel modo tradizionale a pedaliera. Negli apparecchi biposto era predisposto il doppio comando.

L’impennaggio di coda era costituito da un piatto orizzontale fisso e uno mobile (il timone di quota) e da uno verticale fisso (deriva) e uno mobile (il timone di direzione).

Montaggio degli impennaggi

Montaggio impennaggi

Da ultimo un cenno al carrello composto di due V in tubi di acciaio fissati alla parte anteriore inferiore della fusoliera, collegati fra loro da una scatola trasversale aerodinamicamente sagomata che presentava una culla entro cui si adagiava l’assale che portava le due ruote a raggi di acciaio con pneumatici. L’assale era fissato a questa scatola a mezzo di elastici che ne consentivano un molleggio.

Infine le eliche: erano altro capolavoro progettuale e realizzativo, in noce, incollando tavole abbastanza sottili opportunamente sagomate, ma soprattutto prive di difetti, con colle speciali poco influenzate da variazioni atmosferiche e termiche.

Reparto produzione eliche

Reparto produzione eliche

Gli apparecchi monoposto con serbatoi speciali potevano avere una autonomia fino a 2000 km coperti ad una velocità di circa 200 km/ora. La quota di tangenza si attestava, per il modello SVA9, intorno ai 4500 m.

Copertina Opuscolo SVA busta 1 fasc. 14

La famiglia SVA, capace di soddisfare differenti missioni con differenti configurazioni (monoposto, biposto, ricognizione, caccia, bombardamento) variava come peso a vuoto da min. 685 kg fino a 1125 kg, con potenze motore da 200HP fino a 300HP.

Complessivamente, fino alla seconda metà degli anni venti furono realizzati circa 2.000 esemplari dei diversi modelli di S.V.A., dei quali circa 1.200 realizzati durante il conflitto.

Lo stand Ansaldo allesposizione di Parigi

Lo stand Ansaldo all’esposizione di Parigi

Lo stand Ansaldo alla mostra di NY

Lo stand Ansaldo all’esposizione di New York

Questo breve racconto sulle caratteristiche salienti di questa famiglia di apparecchi è tratto in gran parte da una interessantissima pubblicazione dei Cantieri Aeronautici Ansaldo custodita presso la Fondazione Ansaldo, con molte testimonianze fotografiche della costruzione e delle imprese che attengono lo SVA. Alcune di queste foto corredano questo racconto, illustrandolo anche visivamente.

Ciò che colpisce il lettore quando scorre la pubblicazione è l’assoluta modernità e attualità della narrazione, ancor più affascinante tenendo conto che l’aeronautica era agli inizi e molte delle sue principali componenti e soluzioni progettuali e realizzative rappresentavano il front-end dell’innovazione sia tecnologica applicativa che di processo industriale: un tuffo sì nella storia ma con tanta attualità odierna già ben presente allora.

A questo apparecchio sono legate tante sfide epiche ed eroiche per quel tempo, quella di Arturo Ferrarin della quale celebriamo il centenario quest’anno con questo primo racconto e quella di D’Annunzio e il suo sorvolo su Vienna che sarà ricordata altrettanto in uno successivo: per aspera ad astra.

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Lo zio Tonino Fiori

PS: mi permetto un piccolo ricordo e omaggio al mio bis-zio Tonino, fratello di mio nonno paterno, anch’egli aviatore nella grande guerra, qui ritratto sul “suo” SVA.

Lorenzo Fiori, Direttore Fondazione Ansaldo