il capitano Bourlot pensa e mi dice che in pochi giorni lei (l’ing. Brezzi ndr) possa compiere il prodigio e, trasformando le ali, dare all’apparecchio una più lunga potenza di volo. Di questo volevo parlarle. Le mie sorti sono nelle sue mani sapienti

 

Era da tempo che Gabriele D’Annunzio meditava l’impresa del sorvolo su Vienna, lanciando dal cielo migliaia di manifestini tricolori contenenti una provocatoria esortazione alla resa ponendo fine al lungo conflitto. Da allora si preparava attraverso allenamenti pericolosi e faticosissimi e non perse mai fiducia neanche dopo la ritirata di Caporetto che allontanava la meta di circa 400 km di percorso in mano nemica.

Nel frattempo lo SVA si affermava quale mezzo aereo affidabile e ideale per missioni in profondità, di lungo raggio e durata. Il nuovo apparecchio rendeva quindi ancor più prossima l’ora in cui avrebbe realizzato il sogno.

il capitano Natal PalliScrive all’ing. Brezzi direttore dei Cantieri Aeronautici Ansaldo: “il capitano Bourlot pensa e mi dice che in pochi giorni lei possa compiere il prodigio e, trasformando le ali, dare all’apparecchio una più lunga potenza di volo. Di questo volevo parlarle. Le mie sorti sono nelle sue mani sapienti”. Per l’impresa il capitano Bourlot avrebbe dovuto essere il pilota, ma un tragico destino gliela negò. Il Poeta, affranto, scrive “Andai a vederlo, a Marcon, la mattina dopo. Andai a portargli la mia anima e i miei fiori. Per la prima volta scorsi, nella sua maschera straziata, il rilievo della sua energia. In vita la sua bontà e la sua modestia dissimulavano la sua potenza”.

 

Chi sarà il mio compagno?”. La risposta fu: il capitano Natale Palli da Casale, un asso dell’aviazione, poco più che ventenne capace di compiere rischiosissime missioni di ricognizione che compiva da solo, lontane in territorio nemico: le condizioni avverse non gli impedivano di toccare sempre la sua meta, di ritrovare sempre, al ritorno, il suo campo. D’Annunzio lo chiamò successivamente il “compagno portentoso, l’aquila infallibile dagli occhi chiari”.

 

Presero parte alla spedizione altri sette apparecchi oltre quello del capitano Palli e del maggiore D’Annunzio, comandante della squadriglia Serenissima con l’effigie del Leone di San Marco sui fianchi. C’erano Locatelli, Massoni, Finzi, Sarti, Ludovico Censi, Granzarotto e Gino Allegri.

in ricordo della impresa

Ingresso al grande salone del Cantiere Aeronautico decorata in onore dei piloti della squadriglia

Alle 5.50 partirono dal campo volo nei pressi del Castello di San Pelagio a Due Carrare, nella pianura veneta. Il tempo era incerto, velato da mobili nubi caliginose. Dei palloncini sonda lanciati nell’aria avevano rilevato forti correnti al di sopra dei mille metri di quota. Ma la decisione era stata presa. Sfidando ogni avversità, la squadriglia partì prendendo quota, scomparendo in direzione Venezia.

SVA del volo su Vienna

Coloro che avevano assistito alla partenza rimasero a lungo a guardare quel cielo che pareva lontano e che pure era ancora Italia. Di là, quanta terra nemica da sorvolare! Ogni tanto qualcuno guardava l’ora e diceva: “Hanno passato l’Isonzo… Passano sul Monte Nero… Passano la Drava. Sono in vista di Klagenfurt… Devono essere già su Althofen. Passano sul Mur. Danno la sveglia a Gratz. Sono già sui monti della Stewermark … passano sul Windberg e sullo Schussberg. Si avvicinano a Neustaldt. Ancora mezz’ora…ancora venti minuti”.

Man mano che il tempo passava, le parole si facevano sempre più rade, più ansiose.

Ad un tratto qualcuno esclamò: “Sono su Vienna”, e nessuno seppe più dire nulla.

il volantinaggio

Il sorvolo su Vienna e il volantinaggio

È mezzogiorno, il campo volo si è affollato. È giunto il generale Bongiovanni, comandante Generale dell’Aeronautica con altri ufficiali. L’attesa si fa nervosa. Erano passate sei ore dalla partenza della squadriglia. Sguardi impazienti frugavano il cielo su cui sempre più una bianca foschia si addensava.

Mezzogiorno e mezza: una voce grida: “Ritornano! Uno è già in vista!”

Lontanissimo, infatti, un apparecchio era apparso. Uno solo. E gli altri? Due, e altri due e ancora un altro, in fondo.

Il primo apparecchio arrivò sul campo descrivendo in aria due capriole gioiose: segno di vittoria. Leggero, leggero con una manovra perfetta atterrava: era il tenente Censi accolto da un fragoroso, frenetico applauso. Un minuto dopo un altro scendeva: il biposto del comandante D’Annunzio e del capopattuglia Palli. Tutto il campo fragoreggiava di applausi. I compagni abbracciavano i compagni che scendevano, infagottati negli indumenti di volo, dagli apparecchi, vittoriosi in mezzo a un delirio di evviva e saluti.

Così recita il messaggio lanciato dal Vate su Venezia di ritorno da Vienna: “La squadriglia di nome Serenissima, tornando dall’aver portato nel cielo di Vienna il segno sempre fausto del Leone dipinto su i fianchi delle sue fusoliere da battaglia, getta un saluto d’amore e d’orgoglio a Venezia la Bella che fu sempre veduta sorridere nel lungo volo tra ala ed ala, protettrice adorabile. 9 agosto 1918 Gabriele D’Annunzio”.

Lo stormo di SVA aveva compiuto tra andata e ritorno un percorso di mille chilometri di cielo in sei ore e mezzo.

il capitano Natal PalliPS: è doveroso, in questa occasione del 100mo anniversario del raid Roma Tokio, ricordare e rendere omaggio al capitano Natale Palli il cui destino fu tragico davvero.

Pluridecorato, medaglia d’oro al valor militare, perì l’anno dopo l’impresa su Vienna, la notte del 23 marzo 1919, a soli ventiquattro anni, assiderato dopo un atterraggio di emergenza in Alta Savoia mentre partecipava al raid Padova Roma Parigi Padova da compiersi in una sola giornata.

D’Annunzio presenziò ai funerali solenni, tra una folla immensa, e recitò l’orazione funebre “… era senza colpa, era senza macchia, senza ombra… s'è egli addormentato nella neve e sopra la più candida delle nuvole …

 Lorenzo Fiori, Direttore Fondazione Ansaldo