Davide Maffei,segretario Associazione Edoardo Gellner Architetto, racconta del villaggio Eni progettato da Edoardo Gellner e voluto da Enrico Mattei, di cui quest’anno ricorre il 60° anniversario della scomparsa.

Tutto parte da una strada appartata dell’abitato di Borca di Cadore, che si inerpica con discrezione lungo il pendio della montagna costeggiando alcuni anonimi fabbricati per poi addentrarsi in un’alta cortina di abeti e larici, quasi un portale di vegetazione a difesa di un luogo misterioso. Varcata la soglia, un ampio terrazzo erboso fa da anfiteatro naturale al bosco sovrastante, dal quale spuntano alcune sagome geometriche. Continuando a percorrere le strade si ramificano e centinaia di piccoli edifici appaiono tra la vegetazione, villette una diversa dall’altra, ma nate dalla stessa matrice. Dopo poco si realizza di essere al cospetto di una vera e propria città. Una città di cemento e acciaio, legno e muratura, concreta ma al tempo stesso quasi una città immaginaria, una delle tante Città invisibili di Calvino: “[…] la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.

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da "Edoardo Gellner. Percepire il paesaggio. M.Merlo, V.Fois - Skira,2004"

Sotto un porticato che scende dal sagrato della chiesa, il busto candido di un uomo a braccia conserte e sul basamento la scritta, Enrico Mattei. Alla mente appare subito una scena indelebile del capolavoro di Francesco Rosi “Il caso Mattei”: Mattei-Gian Maria Volontè si sveglia, dopo una notte di incubi premonitori, in un Motel Agip siciliano. Scendendo nella hall vede gli inservienti, svogliati e trasandati, a riassettare la sala ristorante, si reca nei bagni e li trova in totale degrado; con un insolito scatto d’ira inveisce contro gli attoniti lavoratori ribadendo come tutto ciò sia inimmaginabile per gli standard dell’Eni. Si palesa la consapevolezza che il suo progetto per l’Eni, e quindi per l’Italia, inizia in qualche modo a sgretolarsi, una profezia di quello che accadrà poco dopo con la sua prematura dipartita.

Questa scena, più degli aneddoti e delle innumerevoli trasposizioni dei suoi discorsi politici, riassume al meglio Mattei e il suo destino: un homo faber che ha usato l’industria come mezzo per piantare i semi di un modello di modernità democratica, cercando al contempo di superare i vizi profondi dell’Italia. Da qui la consapevolezza di una lotta impari, da combattere attraverso due armi: il denaro e il tempo. Tra le due, spesso si pensa che la prima sia la più determinate, mentre è con la seconda che si comprende meglio l’uomo Mattei. L’Eni viene costituita nel 1953 e Mattei muore nel 1962, solo 9 anni di tempo per realizzare una delle principali trasformazioni economiche e sociali del paese. Mattei ha fretta, sa che lo spazio di manovra che si è conquistato non sarà eterno e che gli incroci tra politica e interessi economici internazionali prima o poi lo accerchieranno. E Corte di Cadore, che inizierà ad essere progettata nel 1954, seguirà la parabola di Mattei e, in qualche modo, dell’Italia intera; un villaggio turistico che non è un semplice accampamento temporaneo, ma un agglomerato che vuole essere città e una città che vuole essere testimonianza di un pensiero.

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da "Edoardo Gellner. Percepire il paesaggio. M.Merlo, V.Fois - Skira,2004"

In questa vicenda c’è poi un secondo protagonista. Sebbene non vi sia una sua statua nascosta nel bosco, tutto nel Villaggio parla di lui: Edoardo Gellner, istriano di nascita, mitteleuropeo di formazione e italiano d’adozione, protagonista di uno degli eventi chiave della rinascita economica, le Olimpiadi invernali di Cortina del 1956. Gellner è un architetto colto (cit. Zevi) e con una innata apertura alle avanguardie europee e internazionali, ma contemporaneamente pratico e concreto, retaggio del periodo di lavoro nell’azienda paterna. Studia le tradizionali tecniche del costruire in montagna e le reinventa con un linguaggio moderno, che spesso agli occhi della popolazione autoctona non sarà mai del tutto compreso.

Corte di Cadore è il vessillo con due facce di un sodalizio unico, una città costruita sopra a un dialogo continuo e complesso, dove Gellner traduce in edilizia il pensiero di Mattei e Mattei svincola Gellner da ogni impedimento di ordine burocratico-amministrativo. Un’occasione di progettazione totale unica nel suo genere: dall’urbanistica generale dell’insediamento ai singoli edifici, come il campeggio o la colonia, progettati come piccole città autonome e, al loro interno, gli spazi della vita, i cui arredi modulari richiamano nella loro meticolosa concezione metrico-spaziale altre città in miniatura. Ogni camerata della colonia, ogni villetta sono dei microcosmi autonomi dove tutto è studiato per massimizzare funzionalità e logistica, senza tuttavia cedere ad uno sterile funzionalismo, ma richiamando sempre nei materiali, nei colori, nelle forme un costante rapporto con il sentire umano. L’opportunità di esplorare il villaggio passando dall’esterno fino agli ambienti interni è un’esperienza sensoriale che consente di apprezzare tale coerenza direttamente dagli odori, dalla temperatura, dalle variazioni di luce, dalle sensazioni tattili dei trattamenti delle superfici

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da "Edoardo Gellner. Percepire il paesaggio. M.Merlo, V.Fois - Skira,2004"

Le persone sono il terzo vertice di un ideale triangolo con Mattei e Gellner; persone che hanno vissuto il Villaggio nel passato, lungo l’arco di tempo che dal 1955 al 2001 ha segnato la prima vita di questo luogo. Oggi la “vacanza aziendale” richiama inevitabilmente le tragiche avventure fantozziane, dove l’impresa non è altro che l’incarnazione di un potere opprimente e pervasivo che annulla l’individualità per mantenere docile e obbediente il lavoratore. Addentrarsi nella vita del Villaggio è invece l’occasione per un cambio di paradigma: se è scontato ritrovare nelle persone più anziane l’orgoglio e la soddisfazione di aver contribuito alla rinascita dell’Italia postbellica, meno lo è per i giovani che hanno vissuto il Villaggio da bambini negli anni ‘80 e che, curiosamente, ne hanno lo stesso ricordo dei bambini degli anni ‘50. Questo singolare effetto trasversale ha accompagnato diverse generazioni con la medesima intensità: si tratta di un aspetto straordinario e peculiare di quel luogo, una capacità quasi taumaturgica di veicolare ai fruitori, attraverso l’architettura, l’idea di socialità e benessere alla base del progetto, che si manifesta in definitiva con un profondo senso di comunità. Come se Mattei avesse voluto sperimentare il prototipo di una nuova comunità per l’Italia democratica, una comunità generata dalla ricomposizione pacifica delle classi sociali e delle provenienze geografiche. Il Villaggio come sfondo per un esperimento democratico, quasi un parallelo con la coeva esperienza di Olivetti a Ivrea.

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da "Edoardo Gellner. Percepire il paesaggio. M.Merlo, V.Fois - Skira,2004"

All’interno di questo vasto programma edilizio la Colonia per bambini ha un ruolo centrale. Mattei vuole che sia uno dei primi edifici ad entrare in funzione, insieme al primo gruppo di villette, e già nel 1955 iniziano i primi cantieri per concludersi con l’inaugurazione ufficiale nel 1958: 17 padiglioni collegati da rampe coperte e un’organizzazione spaziale che, pur rispettando le rigide indicazioni pedagogiche imposte dall’Eni, scardina il consueto approccio ospedaliero-militaresco che in qualche modo aveva caratterizzato le colonie del Ventennio. Gellner ha occasione di visitare la Colonia Agip di Cesenatico, progettata da Giuseppe Vaccaro nel 1938, e decide di allontanarsi dalla purezza del solido stereometrico, così poco adatta ad un inserimento nel contesto montano e frantuma i corpi edilizi disponendoli su un pendio piuttosto inclinato e compensando le differenze di quota con rampe coperte di collegamento. Rifuggendo da ogni tentazione di teatralità ad uso propagandistico, il progetto segue uno schietto programma funzionale che parte dal modulo di 20 bambini più un’educatrice per la definizione degli spazi, dalle camerate alle aule gioco, dal refettorio al padiglione centrale. Questa apparente rigidità è però completamente mimetizzata dalle soluzioni progettuali per gli interni che rendono questi spazi aperti ma intimi, giocosi e in qualche modo imprevedibili. Le camerate sono suddivise a formare piccole camerette per due bambini grazie ai differenti colori dei soffitti e dei pavimenti e garantendo sempre la totale visibilità alle inservienti. Le rampe vengono smaterializzate da un’attenta scelta dei cromatismi e da una costellazione di finestre disposte casualmente che permettono una continua connessione visiva con l’esterno.

Edoardo Gellner. Percepire il paesaggio. M.Merlo V.Fois Skira2004 

da "Edoardo Gellner. Percepire il paesaggio. M.Merlo, V.Fois - Skira,2004"

Ogni dettaglio viene attentamente progettato, dalle lampade ai lampioni stradali, dalle stufe in ceramica ai terrapieni stradali, e ritorna come filo conduttore nei diversi edifici, per cui il bambino crescendo passa dalla colonia al campeggio fino alle villette e all’hotel ritrovando una sottile “memoria delle cose” che si stratifica e diventa affezione e poi nostalgia. Un legame sentimentale che ancora oggi pervade chi ha vissuto questi spazi.

La tragica morte di Mattei interrompe il completamento del Villaggio, a riprova del legame stretto tra architetto e committente, e lo priva di un baricentro con servizi funzionali che avrebbero elevato l’insediamento al rango di città.

Il Villaggio ha comunque continuato la sua vita fino alla vendita dell’intero complesso nel 2001, avvenimento che ha in parte disgregato l’iniziale visione unitaria. Le villette sono state vendute a singoli privati, molti dei quali totalmente all’oscuro della loro genesi, gli hotel ristrutturati e la chiesa conservata, mentre la colonia, vincolata da spazi disegnati intorno ad una funzione così specifica stenta ad intravedere un futuro.

Un avamposto progettato per generare una comunità che attende pazientemente di trovarne una nuova.