di Lorenzo Fiori.

C’è quasi sempre una famiglia nell’impresa privata e, da sempre, questa è una ricchezza inesauribile per lo sviluppo dell’industria, del commercio, dei servizi e di quello occupazionale, contribuendo al progresso socio-economico non soltanto del nostro paese ma anche dell’Europa tutta. Il capitalismo familiare è quello che, nei secoli, ha contribuito anche a un valore importante della nostra penisola, quello della bellezza dei paesaggi, arricchendo città, borghi e campagne di contenuti urbanistici e artistici. Da quest’ultimo valore – la bellezza - ha preso via via forma il “Made-in-Italy”, frutto dell’impegno e del lavoro di tante piccole, medie e grandi imprese a capitalismo familiare. Per la ripresa abbiamo bisogno di imprese di famiglia competitive e produttive. Abbiamo anche bisogno di nuova energia: di giovani generazioni incoraggiate a “intraprendere”, con la forza delle loro idee e creatività. La Fondazione custodisce molta memoria di impresa famigliare che, in alcuni casi, non seppe purtroppo reggere ai cambiamenti. Chiudiamo però con una bella #storiadaraccontare di capitalismo famigliare: quella del Gruppo Cauvin che quest’anno compie 130 anni di ininterrotta attività e crescita.

Manifesto Costa 1961 Fondo Costa Fondazione Ansaldo

Manifesto Costa, 1961, Fondo Costa – Fondazione Ansaldo

C’è quasi sempre una famiglia nell’impresa privata e, da sempre, questa è una ricchezza inesauribile per lo sviluppo dell’industria, del commercio, dei servizi e di quello occupazionale. Il “capitalismo familiare” – così è definita questa forma di impresa – ha contribuito, infatti, al progresso socio-economico non soltanto del nostro paese ma anche dell’Europa tutta. E ciò, sempre, in termini rilevanti. I vari studi pubblicati prima che la pandemia dirompesse testimoniano quanto il capitalismo familiare sia sempre cresciuto, confermandosi quale pilastro del tessuto industriale. In un’intervista di fine 2018 l’amministratore delegato di Unicredit Mustier sottolineava quanto “…in Europa le imprese a capitalismo familiare costituiscano la spina dorsale dell’economia, rappresentando nel complesso il 60% del valore aggiunto e il 70% dell’occupazione”.

Al di là della rilevanza del dato economico e di quello occupazionale, il capitalismo familiare porta in sé alcuni valori molto importanti sui quali riflettere, soprattutto in una prospettiva di ripresa post-covid19. Lo sottolinea bene l’economista Francesco Giavazzi in un suo recentissimo editoriale sul Corriere della Sera del 21 novembre: “… non c’è crescita senza imprenditori, pronti a rischiare in proprio, questo almeno ci insegna la nostra storia recente.”

Quali valori? Spirito di intrapresa con la capacità – come dice appunto Giavazzi - di assumerne il rischio e senso di responsabilità verso gli stakeholder dell’impresa stessa: gli altri soci, le maestranze, i fornitori, i territori ove operano. Inoltre, il capitalismo familiare è quello che, nei secoli, ha contribuito anche a un altro valore, quello della bellezza dei nostri paesaggi, arricchendo città, borghi e campagne di contenuti urbanistici e artistici. Questa contribuzione è oggi molto ma molto meno evidente, tuttavia andrebbe ripresa, p.e. con un ritorno di una parte, anche piccola, dei profitti verso la società a fini di bene comune.

Paesaggio italiano Fototeca Fondazione Ansaldo

Paesaggio italiano, Fototeca Fondazione Ansaldo

Da quest’ultimo valore – la bellezza - ha preso via via forma il “Made-in-Italy”, frutto dell’impegno e del lavoro di tante piccole, medie e grandi imprese a capitalismo familiare. Mediobanca ha stimato in quasi 200 mld € l’export di queste imprese, cinque volte di più di quello del comparto pubblico. Imprese che oggi competono contro i giganti del capitalismo internazionale i quali non intendono lasciare libere “fette di mercato”.

Quante aziende familiari hanno infatti chiuso, quante sono tuttora in difficoltà, ma quante altre ancora lottano – e crescono - pur di portare avanti storiche attività, simbolo di un’Italia produttiva, fatta di brand e creatività, di qualità piuttosto che di quantità, che non si arrende all’egemonia della globalizzazione, né soccombe alle logiche della quantità sulla qualità. Con quali armi combattono l’ardua battaglia? Con la fiducia, le idee, l’innovazione …non c’è nulla di improvvisato, c’è competenza e professionalità, tramandata di generazione in generazione cui, soprattutto, si somma la forza stessa dell’impresa di famiglia che è più potente della potenza del capitalismo globale quando è ben interpretata, con occhio vigile al mercato e lungimirante nei suoi cambiamenti. Certo, il capitalismo famigliare ha mostrato anche segni di debolezza, spesso legati a difficoltà di ricambio e passaggio generazionale e segni di limitazione, soprattutto quando le dimensioni dell’impresa non consentivano adeguate risorse da dedicare alla crescita, soprattutto al di fuori del mercato nazionale.

Oggi quando si parla di crescita si ripete stancamente il mantra “investiamo in infrastrutture”.

Non fossilizziamoci però soltanto sulle infrastrutture, che, comunque, sono assolutamente fondamentali. Anche la rete di imprese familiari è essa stessa una infrastruttura, quella produttiva del paese. Quindi, sosteniamo gli investimenti sui nostri brand, sulle nostre idee, sulla nostra creatività, sulla qualità del Made-in-Italy e, soprattutto, guardiamo al futuro incoraggiando le imprese familiari a crescere aziende capaci di stare al passo con i tempi, anche aprendosi al mercato dei capitali. Si parla spesso di venture capital e perché non sviluppare anche un family capital?

Per la ripresa abbiamo bisogno di imprese di famiglia competitive e produttive. Abbiamo anche bisogno di nuova energia: comunichiamo quindi alle giovani generazioni messaggi non di fragilità economica ma di incoraggiamento a “intraprendere”.

Il mercato dei capitali ha risorse per sostenere la crescita sui mercati e per far avviare nuove iniziative ma, per liberarle, necessita di bravi imprenditori, di buone aziende familiari, di giovani con energia e buone idee e, lato impresa, di termini e condizioni che ne rispettino i valori e il valore. Soltanto mettendo insieme questi elementi si può costruire una ripartenza di successo che l’Italia già sperimentò nel dopoguerra fino a farla diventare una potenza manifatturiera ed esportatrice. Sono obiettivi realistici, sicuramente tutti alla nostra portata.

Famiglia Bombrini 1905 circa Fondo Bombrini Fondazione Ansaldo

Famiglia Bombrini, 1905 circa, Fondo Bombrini – Fondazione Ansaldo

La Fondazione Ansaldo custodisce molta memoria di capitalismo famigliare. Riferendoci alle sole famiglie di imprenditori genovesi e genovesi d’adozione, è possibile citare gli archivi delle famiglie Bombrini, proprietari e gerenti dell’Ansaldo dal 1882 al 1904; dei Perrone, che seguirono i Bombrini nella gestione della società dal 1904 al 1921; dei Pittaluga, proprietari della omonima compagnia di navigazione già dalla seconda metà dell’Ottocento fino alla chiusura avventa nella seconda metà degli anni Settanta; dei Dufour, imprenditori di origine francese attivi nel Ponente genovese nel settore dolciario sin dalla metà dell’Ottocento; o ancora dei Bruzzo, che cominciarono la loro attività insieme ai Dufour negli anni Settanta dell’Ottocento per poi staccarsene e spostare il baricentro dei loro interessi sulla siderurgia a partire dai primi anni del Novecento, attività che proseguì fino alla chiusura dei loro stabilimenti a Bolzaneto nei primi anni Sessanta del Novecento.

Imprese famigliari che in molti casi non seppero reggere l’impatto violento del secolo scorso e delle radicali trasformazioni imposte nei mercati, nella società e nel modo stesso di fare impresa, statalizzate come nel caso dell’Ansaldo, fuse con aziende straniere come nel caso della Elah Dufour, o semplicemente non più in grado di reggere la concorrenza come nel caso delle acciaierie Bruzzo. 

Desideriamo però chiudere questo articolo con una bella storia, come ci auguriamo tutte quelle finora raccontate in questa rubrica, una storia che è tuttora attuale e si proietta col racconto del suo passato nel futuro.

È quella del Gruppo Cauvin, fondato nel 1890 da una famiglia di origini francesi, oramai radicata nel territorio genovese, esempio di successo di capitalismo famigliare, giunto oggi alla sua quinta generazione.

Una storia di impresa che compie proprio quest’anno 130 anni di ininterrotta attività, all’interno della quale si possono percepire la rilevanza economica crescente e l’aderenza ai valori descritti precedentemente. Un Gruppo cresciuto costantemente negli anni con il passaggio delle generazioni e che ha sempre saputo rinnovarsi, affrontando i cambiamenti dei mercati e la diversificazione delle attività con spirito di innovazione, consapevolezza del rischio e fiducia nel futuro. Senza rinunciare ad aprire a terzi il capitale in diverse loro società e anche ricercando alleanze con sapienza e visione a lungo termine: queste le direttrici sulle quali hanno via via costruito il loro sviluppo.  

Hanno voluto celebrare questo loro compleanno importante condividendo con noi il link https://www.alluminiodiqualita.it/cauvin-group-it/ al filmato che ne ripercorre le tappe, un album di famiglia al quale la Fondazione Ansaldo ha contribuito fornendo alcune immagini d’epoca.

Buon compleanno quindi al Gruppo Cauvin!

Gruppo Cauvin