17 settembre
Modi di vestire, Modi di essere:
La moda come specchio delle Transizioni Sociali
di Matteo Trotta
di Matteo Trotta
La moda in Italia dalla metà del XIX secolo fino agli anni Ottanta del XX secolo riflette non solo il cambiamento dei gusti estetici, ma anche le trasformazioni sociali e politiche che hanno interessato il nostro paese. In questo arco di tempo, il ruolo della donna si è evoluto parallelamente alla moda, segnando il passaggio da figure più tradizionali a protagoniste dell’emancipazione personale.
Con l’Unità d’Italia nel 1861 si avvia un processo di consolidamento dell’identità nazionale che si rifletterà anche sulla moda e il nuovo stile. L’industria tessile inizia a svilupparsi e tutte le regioni iniziano a partecipare attivamente alla produzione di abiti. La figura della donna in questo periodo è caratterizzata da un equilibrio tra tradizione e modernità: i vestiti sono spesso elaborati con corsetti e gonne ampie che trasmettono un’idea di eleganza e nobiltà.
Le riviste di moda iniziano a diffondersi e acquisiscono grande importanza nella disseminazione delle tendenze stilistiche. Riviste come Feminà e La Vie Parisienne si affermano portando le novità della moda francese e inglese in Italia. Le lettrici possono così aggiornarsi continuamente su stili, accessori e tendenze. Inoltre, queste pubblicazioni non solo promuovevano stili di abbigliamento, ma contribuivano anche a diffondere idee sulla femminilità e sull’emancipazione. Fondazione Ansaldo conserva un fondo archivistico, con 400 numeri di riviste storiche e 200 numeri di riviste più recenti, che sono stati donati e acquisiti nel corso degli anni. Sfogliandoli si viene catapultati interamente all’interno della storia europea e anche dello stile del secolo scorso. I numeri più significativi, per quanto riguarda le riviste di moda, sono stati pubblicati nelle prime due decadi del Novecento, dove l’immagine della donna è inizialmente associata alla femminilità ammiccante e successivamente verrà sdoganata ad uno stile più rivoluzionario e mascolino, simbolo dell’avvio della battaglia per l’emancipazione e i diritti. Vi erano anche Vogue che si distinse per aver elevato la moda a un vero e proprio oggetto d’arte e Vanity Fair che si concentrava su uno stile di vita lussuoso e sulla cultura popolare, abbracciando il cambiamento dei valori sociali.
All’inizio del XX secolo, la percezione della donna iniziava a mutare anche grazie al crescente movimento per i diritti civili e le suffragette. La moda diventa simbolo di emancipazione: gli abiti si fanno più pratici e comodi, liberando il corpo femminile da costrizioni eccessive. I corsetti vengono abbandonati, le gonne si accorciano e si affermano stili come il flapper in riposta alla crescente liberazione della femminilità. Questa trasformazione continua nel periodo tra le due guerre, dove la donna trova un nuovo ruolo nella società, sia nel lavoro che nella vita pubblica. Le riviste ampliano la loro offerta e le loro pubblicazioni, proponendo una visione della donna più moderna e attiva, in grado di esprimere il proprio stile e la propria personalità.
Le due guerre mondiali e i regimi totalitari portano con sé profonde trasformazioni, anche nel mondo dello stile e della moda. Durante la Prima Guerra, la scarsità di materiali e la necessità di adeguarsi a stili più funzionali per le donne che entrano nel mondo del lavoro, costringono gli stilisti a ripesare ai loro modelli. La praticità è fondamentale e si affermano capi come le uniformi che, pur essendo utilitaristiche, iniziano a influenzare le scelte di stile.
Nel periodo tra le due guerre, con la fine delle ostilità e il ritorno alla vita civile, la moda si arricchisce nuovamente. La figura della donna continua a evolversi e la liberazione dagli stereotipi sociali è in pieno sviluppo. Gli anni Venti, in particolare, sono caratterizzati dall’età del jazz, durante la quale l’art déco penetra anche nell’abbigliamento. Gli abiti diventano più fluidi e minimalisti, ispirati ai movimenti artistici dell’epoca. La popolarità dei cappelli evolve: accessori come cloche e bandeau diventano simboli di stile e status, con modelli che riflettono il gusto del momento. Oltre all’aspetto estetico, il cappello rappresenta un mezzo per esprimere la propria identità e classe sociale.
Il secondo dopoguerra segna un periodo di grande rinnovamento per la moda italiana. Le difficoltà economiche degli anni Quaranta e i cambiamenti sociali generali richiedono una ripresa, che trova espressione in uno stile più audace e variegato. Le grandi case di moda italiana, come Gucci, Prada e Valentino, iniziano a farsi spazio nel panorama internazionale. L’imprevedibilità degli eventi storici porta con sé una ripresa d’interesse per la haute couture e la moda pret a porter e il cappello continua a giocare un ruolo importante in molte collezioni. Le riviste continuano a pubblicare articoli che celebrano l’arte e il design, ma soprattutto incoraggiano il consumo di moda come forma di espressione personale.
Negli anni Cinquanta, le passerelle della moda iniziano a prendere forma come le conosciamo oggi. Milano diventa una delle capitali della moda affermandosi insieme a Parigi, New York e Londra. La prima Settimana della Moda milanese si svolse nel 1958, rappresentando un momento cruciale per la moda italiana che inizierà a guadagnare attenzione e prestigio a livello internazionale. Questa iniziativa non solo promuoveva la creatività e l'innovazione ma fungeva da trampolino per i giovani stilisti emergenti. La Fashion Week si evolve nel tempo, diventando un evento che riunisce designer, acquirenti, influencer e i media, creando un’atmosfera di festa e celebrazione dell’eleganza sartoriale.
La moda in Italia, in questi 120 anni, ha rappresentato un viaggio attraverso cambiamenti sociali, politici ed economici. La figura della donna ha evoluto la sua identità, passando dalla tradizione all’emancipazione e all’affermazione della propria individualità. Attraverso le riviste e le pubblicazioni, il cappello e gli eventi storici, la moda non è solo un fatto estetico ma diventa anche un medium di cambiamento sociale. La Fashion Week, che ha le sue radici negli anni ’50, continua ad essere ancora oggi un evento di riferimento per tutto il settore, celebrando lo spirito innovativo dell’Italia e il suo ruolo predominante nella moda mondiale.
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