4 settembre
…e perché proprio Carmi?
di Vanda Moroni
di Vanda Moroni
È dall’incontro tra creatività e pensiero astratto che prende forma il nuovo. Ma ecco che un istante dopo già si trasforma in moderno, concetto scivoloso e per sua natura mai simultaneo al presente, che si limita a rincorrerlo. Così funziona nell’arte, nella letteratura, nella musica e in tutti gli altri domini della creatività umana. Non è però un destino ineluttabile, e così può succedere che taluni individui dotati di particolare sensibilità riescano a eludere le maglie del tempo e che, ben lontani dal cadere nell’apatia e nella disillusione del post-moderno, si collochino da subito in una dimensione iper-moderna. Così è stato per Eugenio Carmi, per sua stessa definizione fabbricante di immagini in quella che, ormai da oltre un settantennio, è stata definita la civiltà delle immagini.
Tante le testimonianze relative all’artista che Fondazione Ansaldo conserva, dai cartelli antinfortunistici alle riviste da lui curate, alle immagini dell’artista al lavoro, per le quali non si hanno mai abbastanza occhi per guardare e dita per sfiorare. La figura di Carmi è interessante per diverse ragioni: il linguaggio artistico, lo stile distintivo con l’uso di geometrie rigorose e la rilevanza storica della lunga carriera. Carmi è la cinghia di trasmissione tra l’arte e l’industria, un divoratore del tempo e dello spazio.
Eugenio Carmi nasce a Genova il 17 febbraio 1920 da una famiglia borghese, inizia a dipingere molto presto. A seguito delle leggi razziali, nel 1938 è costretto a trasferirsi in Svizzera con la famiglia. Ciò gli permette di sfuggire alle persecuzioni del regime nonostante il suo nome compaia, insieme a quelli dei famigliari, nei nominativi tramessi dalla Prefettura per l’espropriazione di tutti i beni. A Zurigo termina gli studi laureandosi in chimica al Politecnico Federale, qui entra in contatto con gli ambienti culturali e artistici interessandosi particolarmente all’astrattismo.
Al suo rientro in Italia, al termine della Guerra, sotto la guida dello scultore Guido Galletti, autore del Cristo degli abissi, posto sul fondale della baia di San Fruttuoso a Camogli, e del pittore Felice Casorati, riprende gli studi artistici, attirato profondamente dall’arte informale che interpreta come un nuovo modo di esprimersi, diverso dai precedenti per l’uso arbitrario dei colori, delle forme e dei prodotti che diventano materici e parte integrante delle opere. Nel 1956 si trasferisce a Boccadasse con la moglie, l’artista Kiky Vices Vinci conosciuta nel 1945, con cui condivide le passioni artistiche e apre il primo studio d’arte. La pittura rimane una sua costante ininterrotta alternata solo dall’intenso lavoro di grafico pubblicitario, attività che gli permetterà nel 1954 di diventare membro dell’Alliance Graphique Internationale, un’associazione elitaria fondata nel 1952 a Parigi che riunisce i migliori grafici, designer e illustratori mondiali.
Insieme all’amico Carlo Fedeli, giornalista dell’ANSA, e in seguito nominato responsabile dell’ufficio stampa della Cornigliano, viene creato l’omonimo house organ destinata all’informazione dei dipendenti e che vuol dare un’immagine contemporanea e forte dell’acciaieria, un esperimento nuovo per la fabbrica e la città, una rappresentazione cosciente, un’industria pubblica dalla spiccata vocazione sociale, quasi amica.
L’esaltazione dei materiali scorre parallelamente in campo artistico e architettonico, nel 1959 la Cornigliano cura la mostra “Forme e tecniche dell’architettura contemporanea” alla Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma, dove Eugenio Carmi, membro del comitato esecutivo insieme a Gian Lupo Osti, e storici dell’arte e architettura tra cui Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Luigi Moretti e Bruno Zevi, realizza la copertina del catalogo “Architettura immaginaria”. La mostra è divisa in due parti, la prima dedicata a una personale di Le Corbusier sulla grande architettura, mentre la seconda parte presenta “Gli impieghi delle lamiere e delle strutture d’acciaio nell’architettura”.
Carmi è attivo anche nel campo dell’editoria dove si avvale della collaborazione del fotografo svizzero e vincitore della Biennale di Fotografia di Venezia del 1957 Kurt Blum per creare nel 1958 il volume “Immagini di una città”, con il testo introduttivo di Luciano Rebuffo, giornalista genovese di «Civiltà delle Macchine». La città è Genova, ripresa dal centro storico al Ponente industrializzato, e chiude con un operaio infagottato e fotografato di spalle, di fronte a una colata incandescente. Nel 1959 viene pubblicato un altro libro fotografico, “Immagine di una fabbrica “, in cui il rapporto quasi simbiotico tra l’industria e l’uomo ispirerà Carmi e Blum per la produzione del film d’avanguardia “L’uomo, il fuoco, il ferro” premiato con il Leone d’Oro alla Biennale del Cinema di Venezia del 1960.
Eugenio Carmi, grazie a questa sua visione della comunicazione, nel biennio 1959-60 crea la prima versione delle sue cartelline, classificatori e portadocumenti per gli impiegati fino alle tessere sanitarie dei dipendenti e la carta da regalo utilizzata per fasciare i doni della Befana aziendale.
Con il passaggio alla società Italsider il periodico aziendale viene rinnovato e potenziato. La «Rivista Italsider» diventa una pubblicazione di alto livello artistico destinato a un più vasto numero di lettori, la realizzazione delle copertine viene affidata ad artisti e intellettuali contemporanei voluti da Carmi, Osti e Fedeli, lo stile segue l’esempio raffinato di «Civiltà delle Macchine», rivista di Finmeccanica che riesce a fondere la cultura scientifica con quella classica.
Il ferro e l’acciaio diventano progetti artistici avanzati: l’arte entra in fabbrica e la fabbrica produce anche cultura. Nel 1962 il critico d’arte e curatore Giovanni Carandente organizza a Spoleto, per il V Festival dei Due Mondi, la mostra “Sculture nella città”, permettendo ad artisti internazionali di esporre le proprie opere nelle strade e nelle piazze. L’Italsider mette a disposizione le proprie officine e i giganteschi macchinari. All’interno della fabbrica gli artisti, grazie anche alla stretta collaborazione con le maestranze operaie, creano grandi opere in metallo ed è in questa occasione che Carmi pensa la sua prima opera scultorea intitolata “Rilievo 1962” realizzata in ferro e acciaio.
L’arte al servizio della fabbrica, i cartelli antinfortunistici di Carmi del 1965 sono un alto esempio di graphic design che attirano l’attenzione dei lavoratori sull’uso strettamente funzionale: forme geometriche essenziali riproducono gli occhi, le gambe, la testa, colori primari e una semplice scritta in carattere Helvetica, font creato nel 1957, con il nome della parte del corpo a rischio, quel corpo operaio troppo spesso offeso e mutilato, tanto da definire “fabbrica della morte” e “cantiere maledetto” il proprio luogo di lavoro, dove molte vite sono state sacrificate in nome di un insensibile progresso.
Sempre nel 1965 Gian Lupo Osti passa alle Acciaierie di Terni con il ruolo di Amministratore delegato e Carmi interrompe la sua collaborazione con l’Italsider, ma il fascino per le possibilità tecnologiche dell’arte rimane sempre altissimo e tra gli anni ‘60 e ‘70 è autore di opere sperimentali di arte cinetica e audiovisiva. A Caorle, con il consenso del sindaco, sostituisce tre segnali stradali con quelli che chiamerà “segnali immaginari elettrici”, un'installazione provocatoria nelle strade della città; appostandosi sulla strada per vedere le reazioni degli automobilisti nota che gli italiani proseguivano il loro percorso, mentre i tedeschi si fermavano non sapendo da che parte andare. In questa sua fase artistica, nel 1966 è presente alla XXXIII Biennale di Venezia con l’opera elettronica SPCE (Struttura Policiclica a Controllo Elettronico) e il critico d’arte Pierre Michel Joseph Rostany lo invita in Svezia nella città di Lund, a partecipare con le sue opere elettroniche alla mostra Superlund del 1967.
Nel 1966 per la casa editrice Bompiani escono due favole di Umberto Eco illustrate da Carmi, poi rieditate nel 1988 con nuove illustrazioni dell’artista e una favola in più. Nel 1971 si trasferisce con la famiglia a Milano dove apre il suo studio, e approfondisce la pittura pur con incursioni in altri campi come le vetrate e gli specchi. Nel 1973, per il Servizio Programmi Sperimentali della Rai, Eugenio Carmi concepisce un lavoro astratto di 26 minuti intitolato “C’era una volta un re”: puntando una telecamera contro l'altra vengono fuori immagini impreviste che l'artista, con un lungo lavoro insieme ai tecnici della Rai, e con la collaborazione del musicista Angelo Paccagnini, plasma per ottenere le forme astratte in movimento desiderate.
Nel 1979 pubblica la rivista «Res Publica», sul tema della civiltà dell’immagine, con l’apporto di artisti e intellettuali quali Umberto Eco, Antonio Porta, Gillo Dorfles e Arnaldo Pomodoro, ma che rimarrà numero unico.
Dagli anni ’80 nelle sue opere pittoriche appare la juta e il concetto materico ritorna insieme alla formazione matematica dei suoi anni universitari al Politecnico di Zurigo, Carmi evolve nella sua arte, l’astrattismo geometrico e la sezione aurea si riallacciano con le sue opere informali degli anni ’50 e ’60. Risultato tangibile di questa evoluzione è lo stemma della Regione Liguria, ideato da Carmi e adottato ufficialmente dall’ente nel 1985.
Nel 1990 a Milano, viene allestita la più importante mostra antologica su Eugenio Carmi, seguita l’anno successivo dalla sua esposizione al Museo Italo Americano di San Francisco. Molto rilevanti sono le sue partecipazioni alle principali Biennali internazionali di grafica nelle quali riceve importanti premi. Il volume “Carmi”, del 1996, curato da Umberto Eco e Duncan Macmillan è un compendio della sua storia.
Nella sua lunghissima carriera, Eugenio Carmi ha esposto le sue opere nelle principali e importanti gallerie, musei e istituti italiani di cultura del mondo, nel maggio del 2000 viene invitato a Roma dal presidente della Camera dei Deputati Luciano Violante, dove viene inaugurata una sua mostra personale nei Saloni della Camera.
Nel gennaio 2001 è nominato Accademico di San Luca, l'Accademia nazionale di San Luca è un'associazione di artisti di Roma, fondata nel 1593 dal pittore manierista Federico Zuccari, che ne fu anche primo direttore, con il presupposto di elevare il lavoro degli artisti al di sopra del semplice artigianato. La Città di Genova, nel 2015, dedica a Carmi, ormai novantacinquenne, un’ampia mostra antologica al Palazzo Ducale, e celebra la sua pluridecennale opera artistica consegnandogli, durante la conferenza stampa, le chiavi della città alla presenza del Sindaco Marco Doria e di Umberto Eco.
Padrone della sua arte, padrone del suo tempo fino alla fine: Carmi decide di porre fine alla sua vita recandosi in una clinica nella sua amata Svizzera per praticare l’eutanasia. Tutta la famiglia già sapeva, aveva scritto una lettera per spiegare che la sua vita era troppo bella per ridurla a un susseguirsi faticoso di giorni, al momento giusto avrebbe guidato la mano del suo destino. Purtroppo, non riuscirà nel suo intento di aprire e chiudere il ciclo del suo tempo nello stesso giorno: Carmi muore di morte naturale a Lugano il 16 febbraio 2016, il giorno prima del suo novantaseiesimo compleanno.
"Inventare non significa prendere un pennello o una matita e fare qualcosa sulla tela o sulla carta. Inventare è vivere. Perciò arte è vita".
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