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12 dicembre

L’industria e la sua autorappresentazione:
l’Ansaldo e la fotografia

di Matteo Fazzini

L’interesse sistematico per la fotografia storica d’industria si diffonde in Italia verso la fine degli anni Settanta, come testimoniato dalle diverse pubblicazioni date alle stampe e dalle numerose mostre sul tema. Tra i primi a recuperare questo tipo di immagini, fino a quel momento destinate all’oblio, sono stati alcuni fotografi, come Cesare Colombo e Uliano Lucas, attratti dall’estetica di questi scatti e dal loro portato sociale, a cui viene dedicato ampio spazio nei volumi e nelle esposizioni promosse all’epoca dalle organizzazioni sindacali.

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Cannone da 381/40, 1917

Se nel panorama nazionale le imprese industriali tardano a riscoprire l’importanza del patrimonio iconografico da loro commissionato o prodotto, indugiando spesso in pubblicazioni riguardanti la propria vicenda storica, l’Ansaldo rappresenta un’eccezione.  Tra il dicembre del 1978 e il gennaio del 1979 si allestisce Ansaldo. Industria & società. Storia di una grande azienda in Italia, mostra che ripercorre i primi 125 anni di storia dell’impresa. Come ricorda il Direttore pianificazione e studi del raggruppamento Ansaldo, Carlo Castellano, in un’introduzione filmica all’esposizione, l’iniziativa nasce “quando ci siamo posti il problema di arrivare alla costituzione di un Archivio Storico Ansaldo. Abbiamo cercato di raccogliere il materiale. Un materiale disperso a seguito di tutta una serie di passaggi e di trasformazioni che l’azienda ha avuto nel corso degli ultimi trent’anni. Ad esempio, l’archivio fotografico l’abbiamo trovato nel porto, circa 20.000 lastre recuperate in un magazzino allagato. Man mano che recuperavano questo materiale, che è stato acquisito anche da privati, […] ci siamo resi conto che questo materiale non poteva rimanere soltanto a disposizione dell’azienda, ma era importante metterlo a disposizione della cittadinanza, degli studiosi e a tutti coloro che sono interessati a conoscere la storia di una grande azienda come l’Ansaldo”.  

Dalla fine degli anni Settanta è chiara ed evidente per l’azienda l’importanza della sua consistente ricchezza iconografica, in costante arricchimento e ben presto avviata a un programma di conservazione e di valorizzazione pioneristico nel contesto italiano. Sorge l’idea di costituire una fototeca, così che quel patrimonio fotografico possa finalmente funzionare come “memoria visiva” dell’impresa e dei suoi lavoratori. Il primo fondamentale strumento di fruizione del materiale fotografico, il videodisco, permetteva la consultazione di oltre 35.000 immagini attraverso l’interrogazione singola o multipla di ventuno campi chiave, permettendo l’individuazione di una precisa fotografia tramite l’inserimento di dati specifici come soggetto, autore, luogo e data. Risultati senza dubbio notevoli, se si pensa che l’iniziativa viene varata tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta del secolo scorso.

Naturale prosecuzione di questa esperienza è stata l’idea di Fondazione Ansaldo di digitalizzare e rendere disponibili online circa 40.000 immagini, e di intraprendere così un percorso all’avanguardia nel settore della conservazione e della valorizzazione del patrimonio archivistico e fotografico. Grazie a questo progetto, denominato Fotografia e Industria, chiunque oggi ha la possibilità di osservare lo sviluppo dell’industria e del lavoro in Italia, avendo modo di confrontarsi in prima persona con una delle più importanti raccolte della Penisola, e non solo, di fotografia industriale. Quest’ultima definizione inquadra correttamente il genere di molte delle immagini costituenti il patrimonio fotografico di Fondazione Ansaldo, ma è necessario andare esplicitamente a delimitarne i contorni semantici perché, se è vero che le fotografie in questione ci raccontano le evoluzioni e le trasformazioni dell’industria e del lavoro all’interno del nostro contesto nazionale, osservando più da vicino ci si accorge che esse in realtà sono in grado di comunicare molto di più, che i soggetti all’attenzione dell’obbiettivo sono molto più ampi.

Sarebbe riduttivo pensare alla fotografia industriale come a una fotografia che ha quali unici protagonisti gli stabilimenti, i cicli produttivi e i risultati delle lavorazioni. Tale definizione sarebbe calzante solo nel caso in cui si considerasse l’industria unicamente come un insediamento produttivo, solo se fabbrica e industria venissero identificati quali termini equivalenti. Il concetto di industriale è piuttosto da associare a un contesto più ampio legato alla dimensione economica, sociale e culturale dell’impresa, che di volta in volta viene impressa sulle lastre o sui rullini fotografici.

Come correttamente individuato dallo storico del cinema e della fotografia Angelo Pietro Desole, la fotografia industriale va considerata quale prodotto della cultura visiva di un dato periodo, frutto della sintesi tra esigenze comunicative aziendali e contesti politici e sociali. Per comprendere il più profondo significato delle immagini è necessario costantemente tenere a mente il legame, a noi posteri invisibile ma assai vincolante per i fotografi, tra la committenza dell’impresa e l’autore dei singoli scatti. Per essere considerata industriale, non è sufficiente che una fotografia immortali uno stabilimento, una settore produttivo, degli operai al lavoro o delle opere sociali. La fotografia industriale non è da considerarsi una tecnica o uno stile, non è neppure riducibile a una tipologia di soggetti; deve essere considerata piuttosto quale risultato della somma di diverse istanze: le esigenze propagandistiche e comunicative di un’impresa e il gusto delle personalità direttamente committenti da un lato, la cultura visiva e lo stile del fotografo dall’altro.

Si potrebbe quindi considerare la fotografia industriale un metagenere che raggruppa dentro di sé altri generi come la fotografia di architettura, quella di riproduzione, il ritratto, il reportage, lo still life, la micro e la macrofotografia. Categorie tipologiche queste, con eccezione della micro e macrofotografia, ampiamente rappresentate dalle fotografie conservate nella Fototeca di Fondazione Ansaldo.

Particolarmente ricorrenti sono le immagini relative alla costruzione di nuovi stabilimenti o ai lavori di ammodernamento e ristrutturazione a cui essi sono soggetti negli anni. Come nel caso delle immagini scattate tra il 1938 e il 1940 presso il Cantiere Navale di Sestri Ponente, in quegli anni dotato degli iconici piloni del nuovo sistema di gru che segneranno lo skyline della delegazione genovese per decenni.

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Ammodernamento edifici e impianti del Cantiere Navale di Sestri Ponente, 1940

Anche gli esterni degli opifici, mostrati nella loro maestosità, ritornano con frequenza essendo particolarmente impiegati all’interno della comunicazione aziendale per dimostrare la grandezza, e di conseguenza l’importanza, della società. È il caso, per esempio, del Cantiere Aeronautico di Borzoli, immortalato nel 1916 in un’immagine poi impiegata in apertura di un album fotografico all’interno del quale vengono mostrati diversi reparti dello stabilimento dedicato alla costruzione degli areoplani.

Completano il trittico delle immagini di architettura le fotografie degli interni che, all’inizio del Novecento, presentavano una serie di criticità tecniche per il fotografo industriale, impegnato nel mitigare le differenti intensità irradiatesi dalle diverse fonti luminose e nel ridurre il più possibile la luce riflessa dai vari macchinari. Nel tentativo di ricorrere il meno possibile al ritocco è probabile che le finestre venissero schermate con panni sottili, attraverso i quali filtrava una luce poco intensa ma uniforme. Anche la scelta dell’orario in cui condurre le campagne fotografiche non era casuale: le fotografie, così laboriose da ottenere a causa dei lunghi tempi di esposizione delle lastre, probabilmente venivano realizzate durante le prime ore del mattino, prima dell’inizio del turno di lavoro, in modo da non intralciare la produzione e non dover contrastare una luminosità eccessivamente intensa. Ciò spiega il motivo per cui gli ambienti sono mostrati con una luce diversa da quella normalmente presente in quegli spazi di lavoro e la totale assenza degli operai.

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 Stabilimento Meccanico di Sampierdarena, 1907

Sempre all’interno di quelle che da più di uno studioso sono state definite le cattedrali del lavoro, si realizza spesso anche la fotografia del prodotto o di alcune sue fasi di lavorazione, selezionate tra le più suggestive.

Ampiamente note, e veri e propri topoi della produzione fotografica ansaldina, sono le immagini in cui si mostrano le colate di metallo incandescente e quelle che immortalano gli operai allineati sui cannoni, o altri prodotti, per mostrarne la grandezza. Queste sono vere e proprie immagini-simbolo attraverso le quali Ansaldo forgia la propria immagine pubblica negli anni della Grande Guerra. Per contro, meno conosciute sono quelle fotografie che trattano i componenti della produzione alla stregua di nature morte, secondo modalità che oggi definiremmo proprie dello still life. Collocati su uno sfondo neutro, gli apparecchi o le diverse parti che li compongono, sono immortalati per essere poi riproposti sui cataloghi aziendali.

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Fonderia di Ghisa di Multedo, 1940

Pressoché infinite sono le tipologie di reportage commissionate al gabinetto fotografico aziendale o, prima della sua fondazione avvenuta anteriormente al 1911, ai fotografi freelance variamente impiegati dall’azienda. Oltre a testimoniare l’avanzamento dei lavori di importanti commesse, come nel caso di quelle provenienti dalla Marina Militare Italiana o dall’Italia Società di Navigazione, sono oggetto di ampie documentazioni fotografiche anche i grandi eventi della vita aziendale, come il varo e l’impostazione di una nave, la visita di importanti personalità agli stabilimenti sociali o, ancora, le iniziative di welfare aziendale come la “Befana dell’Ansaldo” o i soggiorni estivi alla Colonia di Montemaggio, sita nell’alta Valle Scrivia, in provincia di Genova.

Rilevante è inoltre la presenza di fotografie che riproducono disegni tecnici e progetti industriali. Queste venivano realizzate per duplicare celermente la documentazione, che poteva essere così distribuita nei vari reparti produttivi e dirigenziali o ristorata all’interno dell’archivio fotografico aziendale. Particolarmente copiose in tal senso sono le fotografie eseguite nel 1957 che ritraggono i disegni di progetto relativi al concorso per i diversi ambienti della turbonave passeggeri Leonardo da Vinci.  Infine, numerose sono le immagini che presentano ritratti di operai e dirigenti aziendali, che dal 1925 si fanno sempre più presenti all’interno nel corpus delle fotografie commissionate dall’azienda. Queste sono spesso colte in occasioni particolari quali, per esempio, la premiazione dei lavoratori per gli anni di ininterrotta attività presso l’impresa, la consegna di borse di studio, ma anche il probabile inizio o termine dell’anno scolastico presso la Scuola apprendisti di Calcinara, o ancora la presenza di una personalità di spicco presso le strutture societarie. 

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Ritratto corso Scuola apprendisti di Calc