Dichiarazione di notevole interesse storico del 10/9/1979

L’Ansaldo ha legato il suo nome alla storia della navalmeccanica, della cantieristica, della siderurgia e dell’elettromeccanica italiane in centoquarant’anni di trasformazioni societarie, concentrazioni industriali e finanziarie le più varie.

 

Durante una prima fase che va dalla fondazione del 1853 agli anni Novanta, la società in accomandita semplice “Gio. Ansaldo & C.” – frutto della collaborazione di esponenti di punta del mondo economico genovese quali Giovanni Ansaldo, Raffaele Rubattino, Giacomo Filippo Penco, Carlo Bombrini, e orientata alla costruzione ed alla riparazione di materiale ferroviario – si trasforma in una organizzazione industriale che impiega circa 10.000 dipendenti, distribuiti in sette stabilimenti, la cui attività si rivolge al settore ferroviario, cantieristico e ad altre produzioni meccaniche.

Al nome di Ferdinando Maria Perrone e dei suoi figli, Mario e Pio, è legata la seconda fase, che corrisponde all’incirca al primo ventennio del XX secolo. Perseguendo l’obiettivo di completa autonomia produttiva sia nel campo siderurgico sia in quello degli armamenti, attraverso un intenso processo di integrazione verticale e grazie alla congiuntura bellica, l’Ansaldo dei Perrone arriva ad impiegare nel 1918 ben 80.000 addetti, distribuiti in diverse decine di stabilimenti e società controllate, e a disporre di un capitale sociale cresciuto nel giro di quattro anni (dal 1914 al 1918) da 30 a 500 milioni di lire.

Negli anni seguenti, tuttavia, la crisi finanziaria conseguente agli irrisolti problemi di riconversione postbellica mette a nudo la strutturale debolezza di un complesso industriale che aveva legato le sue sorti, in maniera troppo univoca, alla congiuntura bellica. Segue l’intervento di un consorzio di salvataggio promosso dalla Banca d’Italia, che comporta l’allontanamento dei Perrone (nel 1921) e un drastico ridimensionamento delle strategie e delle strutture dell’impresa.

Nel corso degli anni Venti, pure contrassegnati da una notevole crescita delle produzioni elettromeccaniche, maturano le premesse per ulteriori difficoltà, che richiederanno il passaggio di questa impresa sotto il controllo dell’Istituto Industriale per la Ricostruzione Industriale. L’IRI, appunto, e il riarmo, restituiranno all’Ansaldo un respiro ed un impulso all’altezza delle grandi trasformazioni allora in atto a livello internazionale nel mondo industriale; figura di punta di una profonda ridefinizione strutturale-organizzativa è l’ing. Agostino Rocca, amministratore delegato della società dal 1935 alla fine della guerra.

La notevole crescita tecnico-produttiva e occupazionale legata alle commesse belliche (i 22.000 dipendenti del 1939 salgono a 35.000 nel 1943) riproporrà tuttavia alla fine del conflitto nuovi e gravi problemi di riconversione, la cui gestione verrà affidata dall’IRI alla società finanziaria Finmeccanica, costituita nel 1948. Altri riaggiustamenti di struttura si dovranno ancora registrare nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta tanto che nel 1966, con il trasferimento delle attività navali all’Italcantieri di Trieste, il nome Ansaldo cesserà, dopo un secolo, di essere collegato alle attività cantieristiche.

A partire dal 1966, attraverso un complesso processo di riassetto dell’impresa, si perverrà nel 1980 alla costituzione del principale gruppo termoelettromeccanico italiano e, nel 1993, alla sua incorporazione nella Finmeccanica S.p.A.

Le complesse vicende della Società hanno determinato una dispersione degli archivi aziendali che ha costretto la Fondazione ad un lavoro di recupero difficile e particolarmente laborioso.

Attualmente il fondo raccoglie 1.999 buste/registri per il periodo 1853-2002 ed è articolato in 34 serie e 5 collezioni di materiale a stampa delle quali si riportano qui di seguito: denominazione, estremi cronologici, consistenza, sintesi descrittiva del contenuto, tipologia dei documenti. Il fondo è parzialmente microfilmato.