Lavoro agile

  • 95 anni di Cral Ansaldo-Fincantieri

    Il 5 novembre 1927 nasce a Genova il Dopolavoro Ansaldo per volontà del governo di allora di costituire all’interno delle aziende italiane “L’Opera Nazionale Dopolavoro”.

    Nel corso del secondo dopoguerra le lotte operaie portarono a grandi cambiamenti lavorativi, sociale e politici, pertanto anche il Dopolavoro sentì l’esigenza di mutare, di crescere, diventando un centro di ritrovo democratico e apolitico per i lavoratori e le loro famiglie, con una vasta offerta di attività ricreative, culturali, turistiche ed assistenziali.

    Per tutto il corso del 2022 il Cral Ansaldo-Fincantieri sarà promotore di una serie di iniziative per celebrare i suoi 95 anni di fondazione.

    dopolavoro ansaldo

    Il 5 novembre 1927 nasce il Dopolavoro Ansaldo, partendo dalle indicazioni del Duce di costituire all’interno delle aziende italiane “L’Opera Nazionale Dopolavoro”. 

    Finita la guerra, e raggiunta la liberazione, inizia per il paese un periodo di grande trasformazione che coinvolse tutti i segmenti della società sotto il profilo culturale, sociale, economico e democratico e, conseguentemente, anche la struttura e le finalità del dopolavoro.

    Sotto l’aspetto economico l’immediato dopoguerra è il periodo della costruzione dei grandi transatlantici: furono varati in quegli anni l’Andrea Doria, il Cristoforo Colombo, il Leonardo Da Vinci, il Michelangelo. Queste produzioni non solo coinvolsero nella lavorazione e progettazione i genovesi, ma furono ricercate per gli allestimenti  come rappresentati dell’eccellenze del paese. Ma è a livello sociale che vi furono i grandi cambiamenti, il riconoscimento dei diritti universali, i principi di eguaglianza, libertà, equità che spinsero i lavoratori a dare inizio a lotte sindacali motivate dalla precarietà del lavoro e dalla sua sicurezza, dall’adeguamento dei salari, alla regolamentazione dei licenziamenti e al trattamento del lavoro femminile ed è proprio da quelle lotte che nacque nel 1970 Lo Statuto dei Lavoratori.

    Questi cambiamenti non ci hanno lasciati indenni ed è questo il modo di intendere il lavoro che ci ha formato nel modo di pensare, di agire e di vivere la fabbrica e fuori da essa, nella società, ed è proprio lì che vanno ricercate le motivazioni per le quali si sentì l’esigenza di operare una serie di modifiche statutarie al fine di garantire la democraticità e la rappresentanza di tutti i soci  trasformando  il Dopolavoro in un centro di ritrovo dei lavoratori, democratico, apolitico atto a produrre iniziative ricreative, culturali, artistiche, sportive, turistiche ed assistenziali.

    cral

    Nel corso degli anni Sessanta, furono operati da Finmeccanica numerosi interventi riorganizzativi del Gruppo Ansaldo che portarono alla separazione della produzione navale con il trasferimento di quest’ultima all’Italcantieri di Trieste. Nonostante la divisione i rappresentanti aziendali e i rappresentati dei soci decisero di mantenere unito il Dopolavoro per entrambe le aziende dando vita a quello che è l’assetto attuale del Cral Ansaldo-Fincantieri.

    In questi 95 anni abbiamo certamente vissuto momenti difficili  superati praticando la solidarietà tra noi, coltivando relazioni importati con le direzioni aziendali e avendo un collegamento diretto con le rappresentanze dei lavoratori. Il mantenere e lo sviluppare questi rapporti, ha permesso al Cral di essere sempre all’avanguardia, a passo con i tempi e le grandi trasformazioni, oltre certamente vicino alle esigenze dei soci mettendo in moto non solo iniziative legate allo svago, ma diventando punto di riferimento e cercando di dare risposta alle famiglie, come l’organizzazione del Centro Estivo a Villa Maria,  l’accordo con l’Azienda Municipalizzata del Trasporto pubblico genovese AMT che consente per i lavoratori un prezzo agevolato per l’abbonamento annuale.

    La continua creazione di proposte a vantaggio esclusivo dei lavoratori e delle loro famiglie ha fatto sì che il Dopolavoro Ansaldo- Fincantieri, anticipando di gran lunga i tempi, diventasse un precursore ed un promotore del moderno Welfare Aziendale.

    Vogliamo ricordare questo anniversario perché è un traguardo importante e vogliamo farlo non solo coinvolgendo tutte le iscritte e tutti gli iscritti e le loro famiglie, ma anche le istituzioni con le quali nel tempo si è instaurato un ottimo rapporto a tutti i livelli, le organizzazioni dei lavoratori, le stesse aziende e tutte quelle realtà con le quali abbiamo operato.

    A conclusione di tutte le attività in programma per i nostri 95 anni si terrà una grande festa per ricordare alla città e a tutti noi che rappresentiamo un punto di eccellenza, di aggregazione sociale, per la storia che rappresentiamo ed il grande patrimonio professionale e produttivo che le aziende a cui facciamo riferimento esprimono per Genova, la Liguria e l’Italia.

    Le nostre attenzioni sono rivolte ai giovani, con l’intento di trasmettere loro la memoria di un passato fatto di lotte, sacrifici, ma anche di progresso e miglioramenti conquistati nel tempo con impegno, fatica e confronto costruttivo tra tutti i soggetti in campo.

    L’ancora e l’ingranaggio dentato che formano il nostro simbolo rappresentano il mondo del lavoro genovese e ligure e la sua dedizione, costantemente rinnovata e volta alla libertà, alla democrazia e alla solidarietà. È una realtà fondamentale per il futuro di Genova e del Paese, che va difesa e valorizzata perché è la scelta vincente per guardare in positivo al futuro e dare prospettive di crescita e di sviluppo all’avvenire delle giovani generazioni in un’unica ottica di impegno civile e solidale.

    Le ultime elezioni del CdA del nostro Cral, avvenute nel Dicembre scorso, hanno portato nel consiglio molti giovani e per la prima volta dal 1927 una nostra Socia, la Sig.Ra Angela Trani, è stata nominata “ Segretaria Generale del nostro Cral” confermando come Presidente il Sig. Moretta Osvaldo.

    Auguriamo a tutto il CdA un buon lavoro.

    cral palestra

    Programma 95°

    Maggio:
    Mostra Fotografica #Women di Fondazione Ansaldo
    Torneo Agility dog
    Giugno:
    Torneo Calcio “Trofeo 95°”
    Mostra Pittura
    Battesimo della Sella
    Esibizione Circolo ciclismo / Bambini
    “Baratto”
    “ Festa conclusiva  95°” presso il Teatro Cittadino
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  • Smart Working – Lavoro Agile

    Fondazione Ansaldo – fabbrica della memoria – prova a scrutare il futuro dell’Umanesimo Industriale. Lo fa dialogando con il fondatore e presidente onorario di SDSC, Società di Scienze Comportamentali, studioso di problematiche che afferiscono alla organizzazione e gestione delle risorse umane, sul tema dello “smart working”.

    La pandemia ha infatti avviato una trasformazione importante del lavoro, dei luoghi di lavoro e della socialità sul lavoro: la cosiddetta fabbrica di una volta ha perso quella centralità nello sviluppo socio-antropologico e relazionale, anche urbanistico, sostituita dalla città che ha invece assunto un ruolo di centro gravitazionale a 360°.

    Il “lavoro agile” sta diventando “la nuova normalità”, consuetudine. È un cambiamento di grande rilevanza e, come sempre accade, ogni cambiamento determina impatti. Quanto questi impatti avranno riflesso nel contesto di riscoperta di quell’Umanesimo Industriale che Fondazione Ansaldo intende indagare? Perderemo quei confini e riferimenti che posizionano al centro impresa e lavoratore con le rispettive peculiarità, conoscenze, origini e storie?

    Globalizzazione e tecnologie informatico-digitali stanno quindi imprimendo un continuo cambiamento all’interno del quale nascono certamente nuove opportunità, si aprono nuovi orizzonti e prendono forma nuovi modelli di socialità: le cosiddette comunità integrano - se non addirittura sostituiscono - la presenza fisica sempre più con quella in rete, diventando sempre più “liquide”.

    Al lettore trarre le riflessioni che riterrà più opportune.

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    D. Si parla di educare al lavoro per obiettivi e non per task.Lei non pensa però che l’obiettivo a lungo termine possa essere un’arma a doppio taglio? I task finalizzati all’obiettivo, con date precise e compiti specifici da svolgersi nel breve periodo possono garantire una maggiore efficacia rispetto a una libertà che non sempre garantisce la realizzazione degli obiettivi. Porre un obiettivo a lungo termine, responsabilizzando i dipendenti sui risultati, può rilevarsi paradossalmente una perdita di “produttività” e di efficienza?

    R. Le preoccupazioni possono nascere dall’idea di cultura aziendale che è insita dentro di noi. Bisogna effettuare un passaggio culturale e strategico. Educare per obiettivi significa far leva sulla responsabilità individuale, attraverso un modello di leadershipche supera gli aspetti desueti del comando e del controllo. Il managementdi oggi deve basarsi sulla fiducia e sull’empowerment, aprendosi a una nuova modalità di pensiero dove il valore della qualità e la responsabilità degli obiettivi assegnati saranno elementi fondamentali espressi attraverso comportamenti ben identificabili.

    D. Smart workinge utilizzo degli analytics.Si parla di maggiore attitudine al lavoro da remoto o da ufficio. Ma porre su campi differenti questi due aspetti, con l’utilizzo degli analytics,non comporterebbe anche una disparità nei rapporti con il personale?  Non bisognerebbe tendere sempre e comunque al lavoro d’ufficio, anche in un’ottica di creazione dell’empatia tra dirigente e lavoratore, che il remoto non riesce a stabilire?

    R. Non comporterebbe disparità in quanto elemento di valutazione positivo, che non intende pregiudicare i rapporti con il personale, ma rafforzarli a livello empatico. Il manager è capace di adottare iniziative che vengano incontro alle peculiarità del lavoratore, definendo la miglior soluzione tra il lavoro in ufficio o l’home working. Creare un’empatia è generare un ambiente stimolante e comprensivo, dove le aspirazioni aziendali e il benessere del dipendente non sono agli antipodi ma concorrono entrambi per il successo.

    D. Creare un network di teams.Fa molto americano, ma all’Italia converrebbe generare un network di teams con la mentalità che possiede? Operare esternamente alla gerarchia e alla struttura burocratica dell’organizzazione dovrebbe garantire libertà individuale e collettiva, ma non potrebbe creare fraintendimenti, dispersione? Bisognerebbe valutare da caso a caso, da azienda ad azienda, ma il rischio non è una frammentazione delle competenze, con un indebolimento del management e delle direttive che può dare, con conseguente mancato raggiungimento degli obiettivi?

    R. Un networkè pima di tutto luogo di condivisione. Come può esserci fraintendimento o dispersione dove le capacità del singolo vengono messe a disposizione di un bene comune? Bisogna pensare in termini kantiani, la concezione di organismo come “tutto” formato da “parti” che cooperano tra loro in armonia è superiore a una singola parte che opera in autonomia. Può essere una parte perfettamente funzionante, ma se opera senza collegamenti/condivisione è destinata a ottenere minor risultato rispetto a un organismo (team) che concorre a un obiettivo comune. Ecco perché sono importanti le reti, la dispersione avviene se il “genio” delle parti è fine a se stesso ed è compito del managementindirizzare quel genio a un fine superiore. 

    D. L’azienda deve avere legalmente responsabilità sociale? La povertà della vita di relazione non è un problema individuale che va oltre l’orario lavorativo? L’azienda sicuramente deve anche interrogarsi sulla salute emotiva dei dipendenti ma perché allora vincolarsi a uno smart workingche, a seconda dei casi garantisce un maggior-minor incremento della produttività, e dover pure porsi il quesito della responsabilità sociale? Il senso di appartenenza non si crea con il rapporto vis-a-vis, piuttosto che con iniziative social, che rimandano ancora a un utilizzo impersonale delle relazioni?

    R. Lo smart workingnon deve diventare un feticcio che si impone sulla gestione della vita lavorativa. È uno strumento che non si può ignorare, nell’era post-pandemia, ma che può anche aver delle ripercussioni negative proprio per la povertà della vita di relazione. Le aziende devono riuscire a padroneggiare questo strumento, che non è il fine ma il mezzo per rispondere alle esigenze contingenti. Il manager riuscirà, a seconda delle situazioni, interagendo con il lavoratore, senza affidarsi esclusivamente al virtuale, a trovare la soluzione migliore per dipendente e azienda. Ogni sistema è utile per relazionarsi, a partire dai social, senza dimenticare però che il rapporto diretto è preferenziale e non verrebbe comunque ignorato a prescindere dallo smart working.Questo rimane uno strumento, non un luogo di isolamento che aliena il lavoratore.

    D. L’home working è un qualcosa che il lavoro di oggi non può trascurare. Immaginiamo quanto potrà aiutare famiglie con figli, persone con problemi di salute, e così via. Tuttavia ripensare l’intera esperienza del lavoratore è corretto? Non si potrebbe semplicemente far correre il lavoro da ufficio e il lavoro da casa su binari paralleli, che però non vengano a sovrapporsi? Bisognerebbe chiedersi quali sono le situazioni contingenti che possono spingere alla scelta dell’home workingsenza che ciò possa radicalmente ripensare la politica lavorativa attuale, attuando così un percorso graduale, di convenienza da caso a caso.

    R. Infatti è necessario ripensare l’esperienza dei dipendenti, nel senso che le nuove forme di attività lavorative non potranno essere accantonate. Non si parla quindi di rivoluzionare le attuali politiche del lavoro ma integrarle, fonderle con i nuovi sistemi e valutare a seconda delle situazioni. Bisogna riconoscere che il COVID-19 ha accelerato l’avvento di nuove forme di lavoro che non potranno più essere ancorate a molti dei comportamenti del passato. Oggi è necessario valutare e innovare l’esperienza dei dipendenti anche alla luce di una società che sta cambiando in fretta e che ha esigenze profondamente diverse rispetto a 30 anni fa.

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