Di Claudia Cerioli

Ferdinando Maria Perrone è un personaggio singolare, a partire dalle voci sulla sua nascita: si vociferava che fosse il figlio naturale di Ferdinando Maria Alberto di Savoia Carignano, duca di Genova, nonché secondogenito di re Carlo Alberto.  Si sa poco dei primi vent’anni della sua vita, nel 1866 si arruola volontario come Garibaldino e nel 1869 venne condannato a 6 mesi di carcere per truffa. Un inizio molto movimentato che lascia trasparire la spiccata capacità trasformistica di Ferdinando e una disponibilità a rischiare senza esitazioni e remore morali pur di conseguire i propri obbiettivi. L’episodio più decisivo per la carriera di Perrone fu la vendita al Governo argentino, concordata in autonomia, dell’incrociatore corazzato Garibaldi prodotto dall’Ansaldo. Tale successo gli procurò l’incarico di rappresentante dell’Ansaldo per l’America del Sud e il Messico. Le sue ambizioni, infine, lo portarono a diventare nel 1902 socio capitalista dell’Ansaldo dando il via all’era Perrone.

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Il nome di Ferdinando Maria Perrone è diventato ben noto a tutti i genovesi se non altro negli ultimi due anni, attraverso i nuovi servizi di messaggistica istantanea come Telegram, legato com’è alla strada che ne porta il nome, arteria fondamentale della Val Polcevera e oggetto di una lunga serie di chiusure e di riaperture legate al crollo del Ponte Morandi e ai lavori di costruzione del nuovo viadotto. Prima di quel tragico agosto 2018, Corso Ferdinando Maria Perrone era conosciuto essenzialmente dai lavoratori delle industrie della zona, prima tra tutte l’Ansaldo, e dagli abitanti dei quartieri periferici che si trovano lungo il corso del Polcevera per raggiungere la zona della Fiumara, e da lì il centro città, e il Ponente di Genova. La strada venne aperta all'inizio del Novecento, con lo sviluppo industriale dell'area, voluta da F.M. Perrone che, oltre a darle il nome, fu il principale artefice dello sviluppo degli stabilimenti Ansaldo.

Ferdinando Maria nasce a Torino, il 10 gennaio 1847. Il padre Luigi è “addetto al regio servizio” dal 1835, in qualità di garzone di camera di Ferdinando Maria Alberto di Savoia Carignano, duca di Genova. Una voce in seguito diffusa vorrà il Perrone figlio naturale del Savoia, secondogenito di re Carlo Alberto e fratello di Vittorio Emanuele, di lì a due anni re di Sardegna. Quello che è certo è che il duca Ferdinando fa da padrino al battesimo del bimbo al quale vengono imposti, non a caso, i nomi di Ferdinando Maria Giuseppe Giuliano.

Non ci sono informazioni sui primi vent’anni di vita di Ferdinando; la prima notizia certa è che nel maggio del 1866 il giovane si arruola volontario come Garibaldino, nel VI reggimento del Corpo volontari italiani, distinguendosi nella battaglia di Condino contro i nemici austriaci. L’anno seguente, il 30 maggio 1867, Perrone, che nel certificato di matrimonio risulta di professione “tappezziere”, sposa Maria Angela Albano, una sartina analfabeta di Torino. 

Solo due anni dopo Perrone diventa suo malgrado protagonista della cronaca dell’epoca: il 23 aprile 1869, Ferdinando Maria, poco più che ventenne “scrittore pubblicista”, come si dichiara ai magistrati, viene condannato dal tribunale correzionale di Torino a 6 mesi di carcere e a una sostanziosa multa per truffa ai danni di Marietta Cerutti e per “percosse con premeditazione” all’avv. Luigi Onetti, direttore del giornale “Il Ficcanaso”. Stando alle carte, nel dicembre 1868, Ferdinando Maria Perrone si sarebbe presentato in casa della Cerutti qualificandosi come “agente segreto della lista Civile, incaricato dal Marchese Gualterio di arrestarla”, incarico che avrebbe potuto sospendere in cambio di qualche oggetto prezioso. La donna, spaventata, gli affida un braccialetto d’oro, subito impegnato da Perrone al Monte di Pietà. Prima che in tribunale, il caso arriva però sulle pagine del “Ficcanaso”, un giornale repubblicano, diretto da Luigi Onetti, che pubblica una serie di articoli gravemente lesivi sul Perrone. Nel febbraio 1868 i due arrivano alle mani nel centralissimo “Viale del Re”, Corso Vittorio Emanuele a Torino.  Questo discusso episodio giovanile serve più che altro a far luce su alcuni aspetti della personalità di Perrone che, oltre ad una iniziale condizione economica precaria, mostra una spiccata capacità trasformistica, una disponibilità a rischiare senza esitazioni e remore morali pur di conseguire i suoi obbiettivi.

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Pochi anni dopo, nel 1872, il venticinquenne Perrone incontra un uomo che per particolari e contrastanti motivi segna una prima svolta nella sua vita, il marchese Alessandro Paulucci, di antiche e solide tradizioni aristocratiche e all’epoca sulla cinquantina. In breve tempo tra i due, così diversi per età ed estrazione sociale, si instaura un legame intimo affettivo tanto da spingere Perrone a trasferirsi, con la moglie, nella villa del marchese presso la tenuta di Mamiano nel Parmense. Di fatto Alessandro adotta Ferdinando per il quale nutre un amore paterno, estremizzato però nelle sue manifestazioni da un fragile stato emotivo di partenza: vive nel terrore di un distacco da parte del “figlio” e lascia trasparire nelle sue lettere una forte gelosia nei confronti di Angela, la moglie di Perrone, a tal punto da chiedere a Ferdinando di tenerla lontana dalla loro frequentazione quotidiana.

Perrone interromperà bruscamente il rapporto con il marchese nel 1875, non prima però di aver ottenuto dal marchese la gestione della grande tenuta di San Leonardo, dietro il pagamento di un affitto simbolico che nascondeva una donazione di fatto.

Per l’ex pubblicista - tappezziere dall’anonimo passato, la gestione della tenuta agricola non comporta soltanto un deciso incremento di reddito, ma anche la possibilità di accedere ad uno status sociale alto borghese, tale da consentirgli di stabilire rapporti paritari con l’élite dominante.

Sfruttando le relazioni sociali del marchese Paulucci, Ferdinando Maria Perrone riesce ad introdursi nell’ambiente politico ed economico locale dove ha la possibilità di entrare in contatto con alcune personalità di rilievo quali l’economista Fedele Lampertico, e attraverso questi, il deputato Luigi Luzzatti.

Nel 1875 muore Mariangela Albano, contagiata dal tifo che imperversa nella zona. In seguito alla rottura dei rapporti con Paulucci, Ferdinando Maria Perrone utilizza a pieno le sue capacità dialettiche ed il suo carisma conquistando la fiducia dell’on. Luigi Luzzatti, tanto da farsi scegliere quale segretario personale. Grazie all’incarico ottenuto può tornare a Torino ed entrare in contatto con esponenti dell’amministrazione dello Stato come Vincenzo Bignami ed il conte Vittorio Zoppi, rispettivamente Questore e Prefetto della città, e con il funzionario di pubblica sicurezza Giuseppe Omati, del quale sposa in seconde nozze la figlia Cleonice nel 1876. Dal matrimonio nascono i figli Pio, nell’ottobre 1876, e Mario, nel gennaio 1878.

32972 Ritratto Famiglia Perrone Pio Cleonice Mario Ferdinando Fot. Rossi Genova s.d

Nel frattempo la famiglia, a causa di un rovescio finanziario, è costretta a lasciare la tenuta di San Leonardo di Mamiano e a trasferirsi ad Alessandria, dove però rimane per un breve lasso di tempo.

Nel 1879, infatti, Ferdinando Maria Perrone risulta affittuario di una tenuta sita nel comune di Leno, in provincia di Brescia. Qui, dopo una breve esperienza maturata ad Alessandria, riprende con fervore l’attività di pubblicista, scrivendo regolarmente per il giornale locale «La Sentinella Bresciana».

Durante la sua permanenza a Leno non avvengono episodi di rilievo, fino a che, nel 1884, in occasione dell’Esposizione Internazionale di Torino, Perrone conosce Basilio Cittadini, noto giornalista di origini bresciane, incontro dal quale ha inizio un’amicizia controversa destinata ad avere grande parte nelle vicende future di entrambi.

Cittadini, giornalista di grande esperienza sia in Italia sia in Argentina, dirige a Buenos Aires il giornale «La Patria degli Italiani», da lui stesso fondato nel 1876 con il nome «La Patria», uno dei quotidiani maggiormente diffusi tra gli italiani emigrati in Argentina, il che lo rende di fatto il portavoce della più importante e numerosa comunità di emigranti presente a Buenos Aires in quegli anni. L’amicizia con Cittadini non tarda a dare i suoi primi frutti, e dopo qualche sporadica collaborazione in qualità di corrispondente dall’Italia con «La Patria degli Italiani», Ferdinando maturò l’idea di partire alla volta di Buenos Aires insieme a Cittadini, dove arrivò nel gennaio 1885.

I primi anni argentini sono per Ferdinando Maria Perrone caratterizzati da grande serenità, ricchi di esperienze professionali in diversi settori, dalla pubblicistica, campo a lui estremamente congeniale, agli incarichi ricoperti nell’amministrazione pubblica, agli investimenti immobiliari e speculativi, che lo portano nell’arco di un decennio a consolidare la sua situazione finanziaria e sociale, e a crearsi una solida rete di conoscenze nell’élite politica argentina.

La svolta decisiva giunge nel 1894, anno dell’arrivo a Buenos Aires di Ferdinando Marengo, partito dall’Italia per incontrare Perrone e accompagnato da una lettera di Antonio Omati, cognato di Ferdinando e direttore dal 1883 dello stabilimento Ansaldo di Sampierdarena. In questa lettera Omati raccomanda Marengo al cognato, chiedendogli inoltre aiuto e consigli su come avviare possibili affari con il Governo argentino per conto dell’Ansaldo, allora gestita dai Bombrini.

Sebbene i Bombrini non fossero interessati ad avere un proprio rappresentante in Argentina, mercato dalle potenzialità per loro del tutto sconosciute, Perrone inizia da subito a muoversi come se lo fosse, grazie soprattutto all’aiuto del cognato Antonio Omati che gli invia periodicamente il materiale informativo necessario. Contando sulle proprie amicizie altolocate, di cui sicuramente la più influente è quella con Julio A. Roca, presidente della Repubblica Argentina, Perrone nel giro di pochi mesi riesce a compiere quello che agli occhi dei Bombrini appare come un miracolo, ovvero far acquistare nel 1895 dal Governo argentino l’incrociatore corazzato Garibaldi di 7.400 tonnellate di dislocamento, costruito nei Cantieri navali Ansaldo di Sestri Ponente. Già nell’agosto 1895 Ferdinando Maria Perrone è nominato rappresentante con pieni poteri dell’Ansaldo per l’America del Sud e il Messico.

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Agli inizi del dicembre 1895 Ferdinando decide di tornare in patria per quello che nei suoi progetti doveva essere solo un soggiorno di breve durata in concomitanza con la chiusura delle Camere parlamentari a Buenos Aires, e che invece si protrae per circa due anni.

La posizione raggiunta, l’uso talvolta spregiudicato delle proprie capacità affaristiche e i rapporti con personaggi influenti non tardano però a causargli notevoli problemi che si concretizzano nel suo coinvolgimento nel noto processo di Bologna, terminato alla fine del 1898 e dal quale Perrone esce senza alcun danno. Comunque amareggiato per la vicenda e per l’inevitabile strascico di polemiche giornalistiche, dopo due anni di residenza in Italia, in uno stato di salute precario, Perrone e la sua famiglia fanno ritorno in Argentina.

Tornato a Buenos Aires, Ferdinando riesce a sfruttare con grande tempestività la rielezione dell’amico Roca a Presidente della Repubblica, avvenuta nel 1898, chiudendo in tempi rapidissimi la vendita al Governo argentino di un altro incrociatore corazzato classe Garibaldi, il Pueyrredon. Dopo questo ulteriore successo Perrone sceglie però di allentare i suoi contatti con la Gio. Ansaldo & C., e per almeno tre anni i suoi rapporti con i Bombrini si riducono allo stretto necessario. Questo improvviso raffreddamento nelle relazioni, giunto per altro in un momento a lui professionalmente così favorevole, trova spiegazione nella profonda insoddisfazione di Perrone per le condizioni contrattuali considerate penalizzanti. Nella primavera del 1899 Ferdinando Maria Perrone lascia quindi nuovamente l’Argentina per l’Europa, senza però fare ritorno in Italia e, già a partire dal novembre dello stesso anno, hanno inizio le trattative per il rinnovo del contratto di rappresentanza.

I Bombrini, infatti, non sembrano interessati a concedere una partecipazione di Perrone al capitale dell’azienda, e nel trasformare il suo incarico di rappresentanza per il Sud America a rappresentanza generale per l’estero. Almeno su quest’ultimo punto Perrone ha la meglio venendo nominato nel luglio 1901 rappresentante generale per l’estero con facoltà di firmare a nome dell’Ansaldo e, ad ulteriore conferma della fondatezza delle sue pretese, tornato in Argentina nello stesso anno, il 23 dicembre 1901 firma con il Governo argentino il contratto di vendita di due incrociatori corazzati classe Garibaldi da 8.000 tonnellate. Le navi, costruite e varate a Sestri Ponente nell’ottobre 1902 e nel febbraio 1903, con i nomi Rivadavia e Moreno, a seguito dell’accordo di pace stipulato tra il Cile e l’Argentina, furono quindi cedute da quest’ultima alla Marina giapponese, e ribattezzate Kasuga e Nisshin.

Con cinque incrociatori venduti al suo attivo, Perrone a questo punto può imporsi sui Bombrini, costretti a cedere di fronte alle sue ferme pretese di diventare socio della Gio. Ansaldo & C.

Il 25 settembre 1902 Ferdinando Maria Perrone acquista la quota azionaria detenuta da Raffaele Bombrini, fratello di Giovanni e Carlo Marcello, diventando di fatto socio capitalista, e contestualmente gli viene anche confermato l’incarico di direttore rappresentante generale per l’estero. Inizia così l’era Perrone dell’Ansaldo destinata a durare anche dopo la morte di Ferdinando, nel 1908, con il passaggio della società direttamente ai figli Mario e Pio che la gestiscono fino al 1921, anno in cui vengono allontanati dall’azienda in seguito al crollo della Banca italiana di Sconto di cui erano i maggiori azionisti.

Marchio Società Ansaldo Armstrong

Immagini provenienti dal Fondo Perrone (Fondazione Ansaldo)